La sentenza del Tribunale amministrativo regionale, sezione staccata di Pescara, mette fine alla lunga querelle che ha contrapposto per mesi le associazioni ambientaliste e la Soprintendenza da un lato e la società Sebi, a cui appartiene la struttura e a cui il Comune ha concesso la “restaurazione innovativa” il 14 giugno 2010.
I magistrati Umberto Zuballi, Michele Eliantonio, Consigliere e Dino Nazzaro, riuniti in camera di consiglio, hanno annullato il decreto del 23 febbraio 2011 con cui il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici per l’Abruzzo aveva dichiarato l’ex centrale del latte di via Del Circuito “di interesse particolarmente importante sotto il profilo storico e artistico” e hanno condannato l’amministrazione di Luigi Albore Mascia al risarcimento dei danni.
La demolizione dell’edificio del 1932, realizzato dall’architetto Florestano Di Fausto, potrà quindi essere completata. Al momento del vecchio opificio del Ventennio fascista rimane in piedi solo una piccola porzione della facciata in mattoncini rossi e il vano scala, sfuggite inizialmente alle ruspe in seguito alla notifica di un ordine di sospensione dei lavori. Le associazioni ambientaliste Comitato abruzzese del paesaggio, Wwf Abruzzo e Italia nostra, spalleggiati dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per l’Abruzzo, erano intervenute in difesa della struttura solo a lavori iniziati, il 30 luglio 2010, quando cioè parte dell’edificio era già stato demolito. Proprio per questo il Tar ha stabilito che “lo stato di cattiva manutenzione o di parziale distruzione di un bene non ne impedisce di certo l’assoggettamento al vincolo artistico e storico”.
Il ricorso presentato dalla ditta Sebi, attraverso l’avvocato Vincenzo Di Baldassarre, si concentra su alcuni punti chiave: mette in dubbio la rilevanza dell’edificio sotto il profilo storico e artistico poiché la centrale del latte non è stato il primo stabilimento industriale della Provincia, ha avuto una limitata funzione sociale durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi, c’è stato un intervento di tutela tardivo, assunto solo successivamente alla demolizione del fabbricato. Infine si sottolinea “l’irrazionalità e l’illogicità della protezione della porzione della facciata rimasta in piedi, staticamente compromessa”.
Il Tar di Pescara, durante la riunione in camera di consiglio del 23 febbraio scorso, ha dichiarato legittimo il ricorso e ha annullato l’apposizione del vincolo storico e artistico poiché “il bene sul quale il vincolo è diretto è più esistente, in quanto distrutto prima dell’emanazione del provvedimento”. Le ruspe, quindi, possono riprendere la demolizione iniziata più di un anno e mezzo addietro. Con buona pace di politici e ambientalisti.