Pescara. Dall’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano emergono nuovi elementi che raccontano l’agonia patita dalle vittime e, al contempo, mettono ulteriormente sotto accusa la gestione dei soccorsi.
Dal cellulare di Paola Tommasini, una delle 29 vittime, 46enne di Montalto, a Rigopiano quel tragico 18 gennaio insieme al fidanzato Marco Vagnarelli, morto a sua volta, è stato accertato che sotto le macerie c’è stata vita almeno per 40 ore.
La donna, infatti, avrebbe inviato messaggi Whatsapp ad amici e famigliari fino alle 7:30 del 20 gennaio, prima per chiedere aiuto e poi per dare l’addio ai suoi cari. Messaggi mai arrivati a destinazione a causa dell’assenza del segnale e, solo ora, recuperati dagli inquirenti.
Elementi che contraddicono quando detto dal procuratore di Pescara Cristina Tedeschini nelle ore successive alla tragedia, quando fu aperta l’inchiesta e asserì in conferenza stampa che le vittime erano morte sul colpo a causa dei traumi subiti.
Oggi, però, la Tedeschini, nelle ultime interviste rilasciate, aggiunge anche che il numero degli indagati, attualmente 6, è destinato a salire. E molti famigliari si aspettano che anche in Prefettura vengano scoperti i colpevoli dell’errata gestione delle operazioni di soccorso.