Farindola. “Non mi sento un omicida”. Il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, non ci sta a passare come un assassino e respinge le accuse di alcuni dei parenti delle 29 vittime dell’hotel Rigopiano, secondo cui i propri cari sono stati uccidi. Il primo cittadino, iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, si dice convinto, piuttosto, che la vicenda sia emblema di “un sistema che non funziona, frutto dei tagli agli enti locali e della situazione di amministratori e sindaci, che hanno pochi poteri e tante responsabilità”.
Una cosa è certa per il sindaco: “Le accuse pesano sulla coscienza e proprio per questo sto lavorando con i miei legali perché voglio dimostrare la mia innocenza”.
Interpellato dai cronisti a margine di un convegno sulla sicurezza sul lavoro organizzato a Farindola da Confindustria Chieti-Pescara, Lacchetta afferma che “rifarei tutto quello che ho fatto. In piena emergenza – dice – ho gestito la situazione con tutte le mie forze e anche di più. Se avessi avuto la sfera di cristallo non staremmo qui a parlarne”.
Ricorda che tutta la zona era coperta da metri di neve, il sindaco, e ribadisce che “c’erano persone, anziani, bambini e disabili bloccati in casa”, mentre “l’albergo non era un’emergenza specifica, ma rientrava nell’emergenza complessiva”.
“Il fatto di essere indagato – prosegue – ha il valore procedurale di un atto dovuto per il ruolo che ricopro. È anche una garanzia per me che mi consentirà di dimostrare la mia innocenza. È giusto che gli inquirenti facciano le dovute indagini e che emerga la verità su questa tragedia. Mi aspettavo da mesi l’avviso di garanzia e ora è arrivato. Penso di aver fatto tutto quello che potevo fare e insieme con i miei legali ricostruirò tutto il mio operato”.
“Su quale base avrei dovuto chiudere l’hotel Rigopiano?”, si chiede ancora Lacchetta, che aggiunge: “In assenza di elementi oggettivi non è che un sindaco si sveglia e decide di chiudere una struttura. Avrei evacuato la struttura se la Provincia mi avesse detto di non essere in grado di gestire la viabilità. La strada non potevo essere io a chiuderla perché è di giurisdizione provinciale, non di mia competenza”.
“Su quale base scientifica avrei dovuto emettere un’ordinanza di sgombero? – dice ancora – Non esiste una Carta delle valanghe, che la Regione avrebbe dovuto fare. Come sindaco non ho avuto nessuna indicazione sui siti valanghivi. Avrei dovuto evacuare l’intero paese, perché tutto il territorio era nelle stesse condizioni”.
Altro punto su cui viene criticato il sindaco è la mancata lettura del bollettino Meteomont, che aveva innalzato il rischio valanghe da 2 a 4 in quella zona: “I bollettini non sono stati trasmessi, al di là della ricezione o meno – sottolinea Lacchetta – e, in ogni caso, quella è una previsione su larga scala. Qui siamo in montagna, Farindola è piena di situazioni a rischio. Senza una Carta delle valanghe come faccio a sapere quali sono i pericoli?”, si chiede.
Sulla questione della Commissione valanghe, che a Farindola non si riunisce da anni, il primo cittadino spiega che “l’unica strada su cui si esprime la Commissione (al di sopra dell’Hotel Rigopiano, ndr) era già chiusa”.
“L’emergenza è stata affrontata così come previsto dal piano di protezione civile comunale. Penso di aver fatto tutto quello che avrei potuto fare ed anche di più”, chiude Lacchetta.
Parole di sostegno nei confronti del sindaco, durante il convegno, arrivano dalla deputata Pd Maria Amato: “La fascia tricolore del sindaco di Farindola pesa e lui non può portarla da solo, per cui va sostenuta da tutti. Quella fascia ha il peso della frase ‘Il passato non deve impedirci di avere un futuro’ – aggiunge la parlamentare rilanciando lo slogan dell’iniziativa – Quando il lavoro diventa difficile si fa tutti insieme”.