Omicidio a Pescara, ucciso ex Banda Battestini

omicidio_ceciPescara. Sparatoria in via De Amicis: muore in un agguato Italo Ceci, 58 anni, ex componente della banda Battestini. Intorno alle 19:30 l’uomo stava chiudendo la serranda del negozio di ferramenta del cognato, quando è stato colpito da tre colpi di pistola esplosi da un uomo di colore su una Punto rossa.

Troppo facile, al punto da indurre a frettolose ed errate conclusioni, pensare che Italo Ceci sia stato ucciso per un regolamento di conti. Il collegamento risulta diretto per il passato criminale del pregiudicato 60enne, ex membro della nota banda Battestini, la gang criminale che tra i ’70 e gli ’80 inanellò tra Abruzzo e Marche centinaia di rapine, non risparmiandosi gli omicidi. Ancor più facile pensare alla vendetta se si ricorda che Ceci fu tra i primi “pentiti” che collaborò con gli inquirenti alle indagini che portarono la magistratura a sgominare il fac-simile tutto abruzzese della banda della Magliana. Conclusione, dunque, che meritano cauti e attenti approfondimenti: quel che è certo, però, che si è trattato di un agguato, nel pieno centro di Pescara, quando ancora la sera non era calata.

L’agguato. Ceci, da lungo tempo, si era riabilitato, e dopo aver scontato anni di pena si era rassegnato ad una vita onesta. L’appoggio necessario, quello della famiglia, glielo aveva concesso il cognato Claudio Manoni, storico titolare del negozio di ferramenta e vernici Color Quando, attività pluri-decennale all’angolo tra piazza Martiri Pennesi e via De Amicis. Basta alzare lo sguardo per trovarsi in piazza Santa Caterina da Siena, divenuta ormai zona multi-etnica, ma anche scenario di episodi di microcriminalità, legati al sommerso e ai risultati di un’integrazione mal riuscita. Con quel ‘meltin-pot’, però, Ceci si era legato benevolmente, adottando perfino un ragazzo di origine Ucraina, e dando periodicamente lavoro agli immigrati del quartiere nella propria ditta di tinteggiatura. Ceci, oggi, si trovava nel negozio senza l’abituale compagnia del cognato, da un paio di giorni in convalescenza per un’operazione all’ernia: è toccato, dunque a lui, alle 19:30, abbassare le serrande delle vetrine su via De Amicis.

Le prime ricostruzioni emerse sui marciapiedi dei dintorni, ancora da verificare, parlano di una Fiat Punto rossa parcheggiata da lungo tempo su piazza Santa Caterina, come in attesa dell’uscita dell’uomo. A bordo due persone; una di queste, di colore o, comunque, dalla carnagione scura, sarebbe scesa dall’auto mentre Ceci era impegnato a calare la pesante saracinesca, e gli ha piantato tre colpi alle spalle: due lo hanno colpito al tronco, uno al gomito. Il killer sarebbe risalito immediatamente sull’auto che, a fari spenti, si sarebbe allontanata imboccando contromano via De Amicis e dirigersi verso via Muzii.

Tutto il quartiere ha sentito quei colpi, “un primo, poi una pausa, e poi due più ravvicinati”, racconta il fruttivendolo di via Cesare Battisti. Ma la prima ad accorrere sul posto è stata Elga Di Pardo, parrucchiera che lavora nella vetrina accanto aALIM6185 quella del delitto. “Sono uscita immediatamente dopo aver sentito i colpi, e ho trovato Italo riverso sulla schiena, rantolante; ha provato a dirmi qualcosa senza riuscirci, ma guardandogli gli occhi ho capito che stava davvero male”. La concitazione, e soprattutto l’assenza di macchie di sangue evidenti, non hanno fatto immediatamente capire ai tanti accorsi sul posto quanto accaduto. Immediato l’intervento del 118, ma già dopo un paio di minuti i testimoni hanno visto rapidamente l’uomo sbiancare. I sanitari lo hanno caricato in barella, con la sigaretta ancora accesa tra le mani, dirigendosi a sirene spiegate verso il Pronto Soccorso, ma Ceci è morto prima di poter essere operato d’urgenza.

In poche decine di minuti il rione si è affollato di persone, mentre la polizia scientifica transennava il marciapiede con il nastro bianco e rosso. A terra, però, solo il lucchetto ancora aperto e un borsello: niente sangue, niente bossoli; tutto, probabilmente, rimasto tra la foggia del giubbotto indossato dalla vittima. Sul posto il questore Paolo Passamonti, il comandante provinciale dei Carabinieri Marcello Galanzi, il dirigente della Squadra Mobile Alessandro Di Blasio, ed un nuvolo di militari attivi immediatamente per avviare le indagini, coordinate dal Pm Silvia Santoro. Ma la ricerca e le misurazioni hanno restituito solo due microframmenti dell’ogiva dei proiettili di piccolo calibro, uno rimasto a terra e l’altro conficcato alla base del muro accanto alla vetrina. Dalla scientifica è trapelato pochissimo oltre a ciò, e alla distanza dell’esecuzione: ravvicinata, non oltre i due metri. Ciò che da adito alle prime ipotesi, dunque, è quanto rimbalzato dai tanti residenti.

Le ipotesi. “Era una persona buonissima, amatissimo, educato, raffinato”. Chi conosceva Italo Ceci, che quotidianamente lo incontrava sulla porta del negozio, lo ricorda come “il sindaco del quartiere, il nostro faro”. In pochi sapevano del suo passato; tutti, però, si fidavano di lui, dei suoi modi gentili e amorevoli, “aveva perfino adottato un gattino randagio e giocava sempre con i cani di tutti”, racconta il giovane Marco De Gregori. Quell’omone impostato e con i baffoni, dal quartiere era considerato come la “guardia del corpo”, perché “ci proteggeva e faceva scappare ogni brutto ceffo che si avvicinava”, spiega ancora la signora Di Pardo. Un aspetto, dunque, che potrebbe deviare la pista del regolamento di conti verso il mondo dello spaccio; Ceci, infatti, si sarebbe più volte scontrato con i pusher della piazza per tenerli lontani dalla zona. Un fare da “sindaco” che potrebbe essergli costato la vita. A dirlo, però dovranno essere gli uomini della Mobile di Pierfrancesco Muriana, mentre il Pm si immergerà in decenni di storia criminale per ripercorre i passi dell’ex Battestini e appurare, eventualmente, il tragico ritorno di un oscuro passato.

 

Flashback: la Banda Battestini. A dare il nome alla più grande organizzazione criminale, forse l’unica, passata alla storia di Pescara e dell’intero Abruzzo sono stati i fratelli Rolando e Pasquale. Uno folto gruppo, 29 i componenti nato nel capoluogo adriatico, negli anni ’70 un mix di ragazzi borghesi accomunati dalle frequentazioni dei quartieri più popolari. In pochi anni misero a segno centinaia di colpi: quelli prediletti erano gli assalti ai furgoni portavalori. Sotto assedio l’Abruzzo e le Marche, ma alla loro fulgida carriera criminale ha fatto seguito un’altrettanto mirabolante fine. Pasquale fu ucciso nel 1988 a Giulianova mentre tentava, in fuga, di forzare un posto di blocco; Rolando, più tristemente, si suicidò nel ’92 in carcere a Campobasso. Ma quello che attirò maggiormente i riflettori fu l’eclettico Massimo Ballone, soprattutto per le numerose evasioni, una delle quali avente il Venezuela come meta. A suo carico 144 rapine e 2 omicidi, seppur lui continua a negare di aver mai ucciso qualcuno. “Al di sotto del cuore” è infatti il titolo del libro autobiografico; Ballone insiste nel sostenere di non aver mai sparato a parti vitali, al contrario del killer che ha freddato oggi Italo Ceci, uno dei “pentiti” che hanno permesso di sgominare la Banda.

 

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Daniele Galli


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