Bussi. Sono trascorsi esattamente dieci anni, da quel 12 marzo 2007, da quando la Forestale sequestrò la discarica di Tremonti e l’Abruzzo si trasformò, in un colpo solo, dalla promettente regione verde d’Europa in quella che ospita una delle bombe ecologiche più gravi di tutto il continente.
Dieci anni fa, il comandate Guido Conti e i suoi uomini portarono alla luce cosa c’era, e c’è tutt’ora, nascosto sotto la terra di Tremonti, ai margini di un corso d’acqua che domina, e purtroppo contamina, la vallata del fiume più importante d’Abruzzo.
“Pochi mesi dopo – ricorda il Forum abruzzese dei diritti dell’Acqua, – gli attivisti evidenziarono la contaminazione che aveva raggiunto addirittura i pozzi Sant’ Angelo e da qui i rubinetti dei pescaresi e dei chietini. Oggi grazie ad un report dell’Istituto Superiore di Sanità sappiamo che 700.000 persone sono state esposte per 25 anni, fino alla chiusura dei pozzi Sant’ Angelo del 2007, a contaminanti tossici e/o cancerogeni e che c’è bisogno di un’indagine epidemiologica, anch’essa da noi richiesta da 10 anni. In realtà oggi vogliamo tornare a denunciare che a 10 anni dal sequestro i dati dell’ARTA ci dicono che i veleni continuano a fuoriuscire dal sito industriale, dalla discarica Tremonti e dalle discariche 2A e 2B (sequestrate nel 2007 poco dopo la Tremonti e risequestrate nel 2013). Su queste ultime ci si può ancora camminare sopra, non sono riusciti a posizionare neanche una transenna! Una vera e propria vergogna, che sta provocando il peggioramento della condizione di inquinamento. La concentrazione di Cloruro di Vinile, un cancerogeno accertato per l’uomo, nella falda sotto la Tremonti è passata da 136 volte i limiti di legge nel 2007 a 2.080 volte nel 2014. Addirittura l’1,1 dicloroetilene da 29.800 volte a 140.000! Nei piezometri a valle della discarica e del sito industriale che servono a monitorare la falda, alla confluenza tra fiume Tirino e fiume Pescara, nel 2016 l’esacloroetano era 5.710 volte superiore ai limiti di legge. Il Cloruro di Vinile 448 volte”.
Queste le immagini, registrate agli atti del processo, che quel giorno gli uomini della Guardia Forestale girarono e immortalarono, e che rimarranno indelebili per sempre come una cicatrice sul bel volto dell’Abruzzo.