Farindola. Fabrizio, su questa maledetta storia, ci ha scritto una poesia. “Sentimo delle voci, so’ lamenti, dove nun speri, tu ritrovi vita, allora n’e’ finita sta’ partita…la voja de strappajele quell’anime, a sta tera racchiusa su se stessa, ce fa’ incoscenti, nun pensi piu’ ar pericolo e avanzi come n’sorcio ner cunicolo…’Na cosa mai provata nella vita, vede’ la gioia dentro a quell’occhietti, occhi de ragazzini, io me l’abbraccio come 3 purcini”.
Quella dove stavano rannicchiati Edoardo, Samuel e Ludovica, i tre bimbi colti lì dallo tsunami di neve. A distanza di un mese il vigile del fuoco racconta quei momenti.
Assieme a Lorenzo Botti, ‘l’uomo della telecamera’ e Teresa Di Stefano, l’unica donna a far parte del team Usar (Urban search and rescue), entrata nei vigili del fuoco nel 2001: prima di fare il concorso si è fatta fare un’orecchino a forma di scaletta. Le ha portato bene e oggi è ancora al suo posto, al lobo destro.
“La notizia che avevamo era rintracciare un albergo di 3 piani – dice Fabrizio -. Tu pensi di trovare dei punti di riferimento e invece l’unica cosa che vedi è il bianco della neve”. “Mi ricordo la sensazione – aggiunge Lorenzo – cercavamo un hotel ma non riuscivamo a capire proprio dove fosse”.
Teresa è più precisa: “dall’elicottero non vedevamo l’hotel, non vedevamo le macerie tant’è che ci giravamo intorno e abbiamo detto “ok, ma l’hotel dov’è?”. Già, dov’è l’hotel. Dopo ore i soccorritori riescono a individuare alcuni punti. Comincia il lavoro con i cani, finalmente fiutano qualcosa. Da quel punto usciranno le prime due persone estratte, la moglie di Giancarlo Parete, Adriana, e suo figlio Gianfilippo.
A prendere il piccolo c’è Teresa. “Era spaesato e mi è venuto da dirgli se era mai stato sul gatto delle nevi. Lui ha risposto di no e allora ho detto: ‘dai, andiamo a fare un giro'”.
Quel ritrovamento dà nuova energia a tutti i soccorritori, che riprendono a scavare con più forza. Inizia la lotta per liberare i bimbi. “Non possiamo abbattere la parete di cemento armato e non possiamo arrivare direttamente nella stanza – racconta Lorenzo – Guardo lo strato di detriti e vedo che c’è neve fresca: decido di scavare un tunnel. Cominciamo a togliere cose, continuiamo a scavare e facciamo il primo pezzo di tunnel”.
Entra per primo Fabrizio. “Ero l’apripista, sono più piccolo dei miei colleghi. Mi sono messo dei cuscini sotto la pancia per non bagnarmi e ho cominciato a scavare. Ma non trovavo quella porta, trovavo solamente neve. Continuavo ad avanzare, sentivo le voci più forti ma non li vedevo”.
All’esterno intanto gli altri vigili del fuoco trovano il solaio della stanza, fanno un buco e inseriscono la telecamera. Gli occhi sono quelli di Lorenzo.
“Entro e tutto il mondo si ferma per vedere cosa c’è all’interno. La prima cosa che vedo è il condizionatore, poi ruoto la telecamera e vedo un lampadario a tre luci, tipico delle sale biliardo. All’improvviso arriva un ritorno di luce, due occhietti che si illuminano.
Mi blocco, il silenzio è totale. Dopo alcuni secondi riesco a vedere una faccina che esce dal buio e viene verso l’obiettivo. la faccina si illumina e muove le mani. E’ Ludovica.
Urlo. ‘Come stai? ci sono altre persone con te?’. Lei esce dall’inquadratura, pochi secondi e ritorna tenendo per mano altri due bambini. Li fa muovere. Esplode una gioia incredibile tra tutti noi”.
Anche Teresa ricorda bene. “Sono corsi sotto la telecamera e si sono messi a ballare, la bimba specialmente. E lì tra noi c’era chi piangeva, chi urlava, ognuno con le sue emozioni”.
Nel tunnel, intanto, Fabrizio è riuscito finalmente ad arrivare all’ultimo ostacolo, una parete di legno, e a buttarla giù. E’ dentro. “Ci siamo abbracciati, ci siamo messi a piangere tutti quanti insieme, è stato un pianto liberatorio.
Lì è nata la promessa di portarli al cinema”. Ci sono andati sabato scorso, a vedere Lego Batman, assieme a tutta la famiglia Parete.
Lorenzo vede la scena dalla telecamera. “Vedo il lampo di luce che entra nella stanza, vedo Fabrizio che li abbraccia. E’ finita. Ci commuoviamo tutti. E’ finita”. Una volta che i bimbi sono fuori, i pompieri si guardano. “Noi…non so se è stato per il ricordo o talmente la gioia – dice Teresa – abbiamo preso ognuno una palla da biliardo, io ho la numero 5”.
Lorenzo sostiene che l’intervento all’hotel Rigopiano gli ha lasciato due cose, “che mi porterò sempre appresso: “lo sgomento, nel momento in cui sono arrivato. Mi aspettavo un albergo, un qualcosa ma non vedevo nulla, ero impotente di fronte alla forza della natura”.
E la seconda? “Il riflesso degli occhi di Ludovica che guardavano dritto verso la telecamera. Una luce inaspettata”
. “E’ la riscossa dei vigili del fuoco – dice sicura Teresa – perché troppo spesso ci capita di tirare fuori solo morti. Estrarre 9 persone vive ti dà la forza per i prossimi 30 anni”. “E’ vero, ci ha ripagato di tante amarezze.
Rigopiano – conferma Fabrizio – è una cosa che non mi cancellerà più nessuno e quel contatto fisico con i bambini è una sensazione che porterò addosso per sempre”.
Tanto da scriverci una poesia. “…’L’amo sarvati’, se sente come n’coro..de’ntratto cento omini abbracciati, so’ stanchi ma so’ stati ripagati e penso dalla morte rispettati…la dama nera sembra indispettita, voleva vince puro sta’ partita, stavorta s’e’ sbajata, n’c’e’ riuscita”.