L’importante, spiega Mario Costa, presidente onorario della Società Sis 118 (Sistema 118 che coordina le attivita’ dei sistemi di emergenza regionali), è che ci sia una bolla di ossigeno sufficientemente ampia.
“Una possibilità c’è sempre – spiega Costa – si può trovare una sacca d’aria sufficiente sotto le macerie che dà la possibilità di respirare, e anche la presenza di neve offre l’occasione di bere. Se si trattasse di persone semplicemente sotto una valanga sarebbe un problema, perchè in quelle condizioni si resiste molto meno, dopo poche ore la sopravvivenza si abbassa molto. Qui il disastro è sotto certi aspetti anche una ‘fortuna’, perchè i detriti, se non hanno provocato traumi gravi come la sindrome da schiacciamento, danno la possibilità di essere protetti dal contatto diretto con la neve”.
La ‘survival curve’ di chi rimane intrappolato sotto una valanga, riportata da diversi studi, è piuttosto impietosa. Dopo 30 minuti la speranza di sopravvivenza è ridotta al 50%, mentre dopo 160 va sotto al 20%. Lo confermano anche le notizie di ‘permanenze record’, che difficilmente superano le 24 ore, anche se nel 1971 una donna canadese fu estratta viva 72 ore dopo essere stata travolta da una slavina a Macugnaga, in Piemonte. Molto di più si resiste invece sotto le macerie causate ad esempio da un terremoto. Il record appartiene probabilmente a Evans Monsignac, un giovane haitiano, che venne estratto vivo dalle macerie di una casa 27 giorni dopo un terremoto nel 2010, dichiarando peraltro di non aver avuto nè cibo nè acqua ma di essersi salvato per ‘volere divino’. In Italia l’esempio più eclatante si è avuto nell’Irpinia colpita dal sisma del 23 novembre 1980. Una donna di 72 anni, un uomo di 60 e un altro di 100, ribattezzato ‘Nonnino del terremoto’, sono sopravvissuti otto giorni sotto le macerie in tre luoghi diversi.
Per gli eventuali sopravvissuti dell’hotel Rigopiano, sottolinea Costa, a ormai cinque giorni dalla tragedia è comunque il freddo il problema principale. “Anche se non si è a contatto diretto con la neve il freddo è un problema a questo punto – conclude l’esperto -, il rischio ipotermia è molto grande”.