Pescara. Un’enorme chiazza rossa che ha sommerso piazza Sacro cuore. Centinaia di manifestanti da tutta la provincia si sono ritrovati per le vie del centro questa mattina per aderire allo sciopero di 8 ore indetto da Cgil contro il mancato sforzo delle politiche governative e locali per mettere riparo alla crisi economica e occupazionale.
Uno manifestazione nazionale, in più di 100 piazze indetta “ per dare la sveglia all’agenda della politica e delle istituzioni, dal governo alla Regione alle amministrazioni locali, rispetto a una crisi che continua a macinare redditi e posti di lavoro”. Tra queste anche Pescara, provincia meno colpita rispetto a Teramo, ma comunque nave allo sbando nel vortice di un Abruzzo “fanalino di coda in Italia per crescita del Pil, dove agli effetti della crisi economica internazionale si sommano quelli del terremoto”, senza dimenticare un debito sanitario clamoroso. Questa mattina a partire da piazza Italia, sfilando nel corteo su corso Vittorio Emanuele e a riunirsi nella manifestazione dinanzi al palco di piazza Sacro Cuore c’erano i vari direttivi locali della Cgil e numerose associazioni: Camera del lavoro di Pescara, Coordinamento immigrati di Pescara, Spi cittadino e di alcuni Comuni dell’interno come Cepagatti e Penne, e ancora Filctem, Fiom, Filcams, le Rsu di alcuni poli lavorativi colpiti dai tagli del personale.
Tutte le categorie sono salite sul palco a riportare la condizione attuale, definita dal Segretario provinciale Cgil Paolo Castellucci “disagio sociale crescente e diffuso”. Dal microfono sono passate in rassegna tutte le “voci di chi subisce la crisi”; gli operatori sociali, tra i più colpiti dai tagli regionali, come la cooperativa Agorà dell’area Vestina, che “non percepisce più stipendi da ottobre 2010 per i tagli agli ambiti territoriali”, dice Vania, una delle precarie; i licenziati, come i circa 30 dell’unità territoriale di Italialavoro, agenzia tecnica strumentale dei ministeri del Lavoro e Politiche sociali, “che dovrebbe promuovere occupazione, invece licenzia e diffonde il precariato e il privato parastatale con una gestione delle risorse umane arrogante e arbitraria”; i metalmeccanici, come quelli della Merkel di Tocco da Casauria, rappresentati dagli Rsu Luciano e Massimo, operai di un settore in cui “la produttività viene contrapposta ai diritti dei lavoratori nei recenti contratti Fiat” e che localmente ha perso circa 1000 posti di lavoro negli ultimi mesi. La crisi, nella sua ultima fase, non risparmia nemmeno il settore commerciale: “3000 i posti persi nel terziario, con la crisi che si sposta anche verso la grande distribuzione”, testimonia Cesare, uno dei dipendenti dell’Auchan di Villanova, dove nelle ultime settimane sono stati messi in mobilità 50 dei 193 impiegati. Una crisi che fa raddoppia nel campo della ricerca e dell’istruzione, dove i tagli della riforma Gelmini riducono qualità e occupazione; Marco è un precario Ata da 10 anni, “ma negli ultimi 2 anni ho visto la scuola pubblica messa in ginocchio dal maestro unico, da classi di 30 ragazzi sistemati in strutture pubbliche: stanze, non aule per fare attività didattica; le supplenze non vengono più chiamate ma i ragazzi vengono trasferiti ad ammassarsi con altre classi, negli istituti professionali vengono continuamente chiusi i laboratori: unico punto di collegamento tra l’apprendimento e il mondo del lavoro”. Caso scuola dei dipendenti della pubblica amministrazione, figlio diretto della città, è quello degli ex precari dell’ente provinciale, raccontato da Rosa: “ dei circa 600 precari pubblici sparsi nel territorio pescarese, dal 27 settembre i 66 ex dipendenti dei centri per l’impiego provinciali sono stati mandati a casa, l’accordo sindacale che garantiva l’assunzione dei precari dopo 3 anni di tempo indeterminato e 10 anni di collaborazione è stato strappato: ora sarà un giudice a decidere il nostro diritto al lavoro”.
Le proposte della Cgil, riportate dal pensiero nazionale a quello locale da Castellucci, sono essenzialmente due: lotta fiscale e ristabilimento dei servizi. “La politica economica e sociale faccia lavorare la macchina del fisco come strumento di ridistribuzione della ricchezza e di garanzia dei servizi: la Guardia di finanza riporta una media di evasione del 40% in Italia, con regioni al picco del 66%: circa 120 miliardi di euro totali. Ma il Governo attacca solo chi le tasse le paga, le fasce più deboli: un dipendente paga fino al 23% di quello che produce lavorando, mentre chi ha grandi patrimoni paga il 12%. La ricchezza del Paese ammonta a 8mila miliardi, ma solo la metà di questi appartiene alle famiglie comuni”. Dove per famiglie comuni Castellucci intende quelle “fasce più povere e deboli che in Abruzzo e in provincia stanno pagando, oltre alla crisi, i tagli regionali adoperati per risanare i debiti: gli studenti disabili che subiscono 400mila euro di tagli al trasporto e all’assistenza, gli anziani non autosufficienti rimasti senza sussistenza, gli abruzzesi che pagano l’addizionale irpef più alta d’Italia”. L’Abruzzo, secondo il segretario Cgil, ha pagato per vedere rimediare ai “chiodi fissi” del presidente della Regione: “ma se Gianni Chiodi afferma con enfasi di aver risanato il debito”, incalza Castellucci dal microfono, “si ristabiliscano gli equilibri e si tolgano le sovrattasse e si rintroducano i servizi tagliati”.
Questa la faccia pescarese dello sciopero nazionale Cgil: nella provincia in cui il trend critico ha portato 8mila disoccupati, arrivando da 37mila a più di 45mila, il 42% di questi tra i 19 e i 35 anni, e più di 4 mila tra i 50 e i 60: persone in età avanzata che non possiede i requisiti pensionistici e continua, imperterrita e disperatamente a cercare di lavorare.
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Daniele Galli