Divina Cavasinni è venuta fin da Avezzano, racconta di suo figlio, Domenico Di Bernadro, nato 20 anni fa nella clinica Santa Marina, una delle tante del circuito Angelini: un trauma durante il parte, aggravato da una asfissia prenatale erroneamente non diagnosticata e ormai “Sono 20 anni che mio figlio è condannato alla sedia a rotelle, a portare il pannolone, ad essere imboccato”, racconta mamma Divina, “Il tribunale di Avezzano ha condannato in primo grado la clinica e il ginecologo, ma questo è stato dichiarato nullatenente quindi non verremo mai risarciti ed è durissima assistere la patologia di mio figlio”.
Cecchina Di Giorgio, invece, era la mamma di Pietro Zanti, morto nel 2005 a 21 per le ferite evidenti ma non curate dai medici del Pronto soccorso pescarese dopo un incidente stradale. “Nonostante gli operatori dell’ambulanza avessero riferito al Pronto soccorso del trauma toracico, nonostante a Pietro uscisse il sangue dalla bocca, è stato tenuto in corridoio per 20 minuti, catalogato come codice giallo. Dopo averlo curato in emergenza per qualche ora, ci hanno restituito il cadavere già freddo, dicendoci che aveva il fegato e la milza spappolata”, riferisce la signora Di Giorgio. Anche in questo caso, alla malasanità si intrecciano gli ‘equivoci’ giudiziari e per ben due volte l’inchiesta penale è stata archiviata, mentre sono ancora in corso le indagini per la causa civile.
Il caso Alinovi. Stando ai racconti dei genitori, Paolo Alinovi è nato a Vasto il 6 maggio 2009 e i medici gli diagnosticarono immediatamente una semplice occlusione intestinale. Non essendo dotato di un reparto di neonatologia o chirurgia pediatrica, dal nosocomio Vastese i genitori, Mario e Barbara Maragna lo trasferiscono in quello di Pescara; la stessa sera del 6 maggio, Paolo viene ricoverato in neonatologia. Resta lì 2 giorni, torna a casa, poi il 26 maggio ritorna a Pescara dove gli viene improvvisamente fatto un intervento diagnostico e Paolo esce dalla sala operatoria con una sacchetta applicata con una stomia. Ai genitori viene comunicata la necessità di un intervento risolutivo, che viene eseguito il 28 luglio. Il bimbo sarebbe dovuto uscire dalla sala operatoria dopo 2 ore e mezzo: resta sotto i ferri dalle 8:00 alle 17:45 e non viene portato in terapia intensiva come previsto dal protocollo sanitario per le operazioni di durata superiore a 6 ore. “Il primario di chirurgia pediatrica, Pierluigi Lerri Chiesa, mi disse che era andato tutto bene”, racconta mamma Barbara, “ma alle 2:00 ci accorgemmo che Paolo non urinava. Allertai il medico di turno, Antonello Persico, ma mi disse che era normale dopo un’operazione di 9 ore. Alle 4:00 lo chiamai di nuovo perché Paolo si era gonfiato, ma Persico mi disse nuovamente che era tutto normale. Alle 7:00 il braccio destro di Paolo cominciò a muoversi a scatti e si decisero a portarlo nella sala rianimazione del reparto di neonatologia. Alle 8:30 lo portarono in terapia intensiva per stabilizzarlo, ma le condizioni erano già irreversibili. Alle 11:40 Paolo è deceduto per arresto cardiaco”.
Partì immediatamente un’inchiesta da parte del Procuratore della Repubblica Giampaolo Di Florio nei confronti di 11 medici operanti nei reparti di chirurgia pediatrica, neonatologia e rianimazione. Ma nel frattempo, il manager della Asl, Claudio D’Amario non ha mosso alcun provvedimento nei loro confronti. Al sequestro della salma è seguita l’autopsia, conclusa la quale ai genitori è stata consegnata una cartella clinica di appena 50 pagine per 45 giorni di degenza. Sono andati loro stessi a frugare negli archivi dell’ospedale scovando altre 450 pagine non allegate alla perizia: ragione per cui è stata chiesta un incidente probatorio integrativo, del quale a giorni si avranno i risultati. Il 20 aprile 2010 sono stati emessi gli avvisi di garanzia per gli 11 medici: l’accusa per 8 di loro è di omicidio colposo, di concorso in omicidio colposo per i restanti 3 neonatologi; il 29 settembre il G.i.p. Luca De Ninis ha ordinato l’incidente probatorio incaricando della perizia Giuseppe Fortuni, medico legale dell’Università di Bologna, e Fabrizio De Maria, primario del reparto di Neonatologia dell’ospedale Maggiore di Bologna.
Come detto, entro marzo si avranno i risultati della perizia suppletiva, ma già la prima perizia protocollata dalla Procura recita: “l’assistenza nella fase post-operatoria press l’unità ospedaliera di Chirurgia Pediatrica non può ritenersi adeguata all’effettiva entità dell’intervento chirurgico appena espletato, ma soprattutto alla gravità del quadro clinico che si andava instaurando”. In sostanza, Paolo non è stato curato e controllato come doveva essere fatto. A questa perizia, si aggiunge quella effettuata l’8 novembre 2010 dall’Ufficio ispettivo regionale della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario. I medici incaricati, tra i quali alcuni dipendenti della stessa Asl diretta da Claudio D’Amario, si sono così pronunciati: “Per quanto riguarda la fase post-operatoria […] si ritiene che essa non sia stata gestita in modo ottimale, […] in relazione all’anuria segnalata alle ore 4:00 del 29/07 dal personale infermieristico al medico di guardia, non risultano consequenziali ed immediati provvedimenti medici”.
Ieri mattina, giocando d’anticipo sull’annuncio del sit-in di oggi, il direttore D’Amario ha convocato una conferenza stampa nel corso della quale ha difeso i medici del Civile, definendoli “fiori all’occhiello”. “Inoltre ha screditato i dottori Falco e Chiarelli che hanno redatto la perizia della Commissione parlamentare, medici operanti nella sua stessa Asl, perché a sua detta non in possesso delle idonee competenze a pronunciarsi sul caso di Paolo”, afferma Mario Alinovi. “Oggi siamo qui a ribadire che quei medici devono essere sospesi. E’ inutile che, dopo 20 mesi dalla morte di Paolo, D’Amario annunci l’apertura di una inchiesta interna, ci sono due ben due perizie e ora sta arrivando l’incidente probatorio: carta canta contro i suoi slogan elettorali”, conclude con indignazione il papà del piccolo Paolo.
Daniele Galli