Pescara. Giulio Cesare Morrone, che nel 1990 uccise in casa la moglie, Teresa Bottega, nel pescarese, al culmine di una delle tante liti che segnavano il loro rapporto, è un uomo libero. Ancora una volta è stato salvato dalla prescrizione.
Anche la Corte d’Appello dell’Aquila, non ha infatti riconosciuto la sussistenza dell’ aggravante ulteriore speciale dei futili motivi e, quindi, il reato è prescritto, analogamente a quanto deciso l’8 novembre 2013 dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea.
La Corte aquilana ha però ritenuto inapplicabili le attenuanti generiche e l’omicidio volontario diventa, quindi, omicidio aggravato perchè commesso in danno della moglie. Se fosse stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi, Morrone sarebbe stato condannato all’ergastolo e la pena sarebbe stata poi ridotta a 30 anni per la scelta dell’imputato di essere giudicato con il rito abbreviato.
La colpevolezza di Morrone era emersa solo nel 2012, quando un testimone indiretto del fatto si rivolse alla Squadra Mobile di Pescara e raccontò di aver saputo dell’omicidio da un prete, che a sua volta era stato informato direttamente dall’uxoricida.
Gli investigatori riaprirono il caso, che era stato archiviato come scomparsa volontaria, e nel corso di una confessione Morrone ammise di essere l’assassino. Sarebbe stato lui stesso a disfarsi del corpo della moglie in provincia di Ferrara.
Quando è scomparsa, Teresa Bottega, nata a Santa Teresa di Spoltore, aveva 35 anni, il marito 34. Il corpo della donna non èstato mai trovato. Morrone, è difeso dall’avvocato Mirco D’Alicandro, mentre i familiari di Teresa Bottega, dall’avvocato Ernesto Rodriguez.