Pescara. Il gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea si è riservato di decidere in merito alla richiesta di archiviazione relativa al caso della morte di Roberto Straccia, lo studente 24enne di Moresco scomparso da Pescara il 14 dicembre del 2011 e trovato morto il successivo 7 gennaio sul litorale di Bari.
Sarandrea ha rigettato l’eccezione di incompatibilità presentata dall’avvocato della famiglia Straccia, Marilena Mecchi, secondo la quale il giudice non sarebbe compatibile, in virtù del ruolo svolto anche nella fase delle indagini preliminari: sarà dunque Sarandrea a doversi esprimere, nei prossimi giorni, in merito alla terza richiesta di archiviazione sul medesimo caso, firmata dal procuratore capo Federico De Siervo.
La famiglia Straccia, tramite il suo legale, si è opposta alla richiesta di archiviazione, in particolare alla luce di alcune rivelazioni che sono emerse nel corso di una recente puntata del programma televisivo “Chi l’ha visto”: è stato infatti appurato che oltre al fascicolo principale, aperto dalla Procura di Pescara per morte accidentale o per cause volontarie, nel 2012 venne aperto anche un secondo fascicolo, per omicidio volontario, dopo che nell’ambito di alcune intercettazioni ambientali, carpite pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Straccia, la fidanzata di un collaboratore di giustizia calabrese affermò che il giovane studente marchigiano era stato ucciso da alcuni pregiudicati calabresi, indotti in errore dalla foto pubblicata sul profilo Facebook del ragazzo.
“Non voglio passare per un padre che non si rassegna alla morte del figlio, ma chiedo risposte su una verità che non è ancora arrivata. La speranza è quella di avere chiarezza. Chiediamo risposte che non siano da interpretare, perché quelle che abbiamo avuto finora sono solo risposte arrancate”. Così il padre di Roberto, Mario Straccia, a margine dell’udienza in tribunale. Con lui c’erano la moglie e la figlia, oltre ad alcuni conoscenti e al legale di famiglia.