Pescara. “L’ho perdonato, non era lui in quel momento. Ora proviamo a ricominciare insieme”. Così Patrizia Silvestri, moglie di Massimo Maravalle, l’informatico di 48 anni che la notte tra il 17 e il 18 luglio dell’anno scorso, a Pescara, nella propria abitazione, soffocò nel sonno il figlio adottivo di 5 anni, “in preda a un delirio letale, paranoide e persecutorio”.
La donna, avvocato, a 15 mesi dal delitto del piccolo Maxim, parla a Corriere.it e dice che “la perdita di Maxim è il dolore più grande che abbiamo e Massimo è ancora più affranto per non aver compreso che la malattia gli faceva vedere le cose in maniera completamente distorta”.
L’uomo, quella notte, dopo aver ucciso il figlioletto, cercò di fare altrettanto con la moglie, ma “da qualche giorno Patrizia e Massimo hanno iniziato la loro seconda vita. Lui, non punibile perché incapace di intendere e di volere quando uccise – ricorda Corriere.it – ha riacquistato la libertà dopo appena quattordici mesi di permanenza nella casa di cura e custodia dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, in provincia di Caserta”.
La donna è indagata insieme al marito per falso in concorso. La coppia avrebbe omesso il reale stato di salute di lui nel corso dei colloqui sostenuti per l’adozione con i servizi sociali del Comune di Pescara. Nella vicenda risultano indagati anche due medici, uno di base e uno della Asl. , peraltro, risultano indagati per falso anche il medico di base e un medico della Asl.
“Ma non erano gli assistenti sociali a dover valutare in quei colloqui l’aspetto medico di Massimo – dice Silvestri – tanto è vero che non ci sono state mai poste domande in tal senso. Inoltre noi avevamo presentato alla Asl un certificato da cui si evincevano sia la patologia di mio marito sia la posologia dei farmaci che assumeva. Non è vero infatti che lui non si curava. Lavorava e stava bene, tutti possono testimoniare questo e anche il fatto che era pieno di attenzioni per me e Maxim. Nessuno ci ha mai messo davvero in guardia, nessuno, e la sospensione dei farmaci era stata concordata con lo specialista. Mio marito non si sarebbe mai sognato di interrompere le cure”.
Il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, ha disposto per Maravalle l’applicazione della misura della libertà vigilata. L’uomo ha l’obbligo di presentarsi presso il Centro di Salute Mentale di Pescara, due giorni a settimana, “per relazionare in merito alla attualità e tipologia delle cure farmacologiche seguite”.
“Il paziente non ha più sintomi – afferma lo psichiatra Renato Ariatti che si è occupato della perizia su Maravalle – ed è in grado di collaborare attivamente perché è aumentata la consapevolezza della sua malattia”.