Dipendenti precari: la Provincia di Pescara condannata in appello. Risarcimento da 2 milioni

Pescara. La Sezione Lavoro della Corte d’Appello de L’Aquila ha ieri condannato la Provincia di Pescara a risarcire i danni subiti da 62 lavoratori in ragione del loro illegittimo impiego.

Lo riferisce la Cgil di Pescara, insieme alla FP ed al NIdiL, che spiega come i dipendenti venivano impiegato illeggittimamente “dapprima con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, che in realtà dissimulavano rapporti di lavoro subordinato ad ogni effetto, e quindi con contratti di lavoro a termine, privi di valida giustificazione causale ai sensi della normativa comunitaria e nazionale in tema di lotta contro la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato”.

In particolare, si tratta di lavoratori assunti a seguito di selezioni pubbliche ed impiegati, in modo continuativo, dal 2000 al 2010 presso diversi uffici della Provincia di Pescara, molti dei quali addetti proprio ai Servizi per l’Impiego . In virtù delle disposizioni contenute nelle leggi 296 del 2006 e 244 del 2007, ed a seguito di un accordo concluso con le parti sindacali, “la Giunta della Provincia di Pescara”, spiega il sindacato, “rilevata l’occupazione dei predetti lavoratori in servizi essenziali, aveva, in un primo tempo, determinato di stabilizzarli, approvando il relativo piano con la delibera di Giunta del 25 marzo 2009, a mente della quale alla data del 28 settembre 2010 avrebbe dovuto procedersi alla conclusione dei relativi contratti a tempo indeterminato. Senonché, la Giunta subentrata, presieduta da Guerino Testa (eletto l’anno precedente), a due mesi circa dalla scadenza del termine prefissato per la conversione dei rapporti di lavoro, con deliberazione 216 del 2010, decise di negare il diritto all’assunzione dei lavoratori in parola, e perciò di porre nel nulla il piano di stabilizzazione, così provocando la reazione giudiziale dei lavoratori. Questi ultimi hanno quindi adito il Giudice del Lavoro, chiedendo che fosse accertata la lesione del diritto alla stabilizzazione, ed in ogni caso la violazione delle norme comunitarie e nazionali in materia di legittimo ricorso, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, ai contratti a termine, e per conseguenza, che si disponesse la costituzione, per sentenza, dei rapporti di lavoro, ovvero che fosse loro riconosciuto il diritto ad essere risarciti per la perdita dell’occasione lavorativa”.

La Corte d’Appello de L’Aquila, ribaltando il risultato di primo grado, ha dato ragione ai ricorrenti, accogliendo la loro domanda risarcitoria nella misura massima prevista dalla normativa applicabile, ossia per il controvalore di venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto goduta in corso di rapporto. Si tratta un ammontare risarcitorio complessivo stimabile in circa due milioni di euro.

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