Prostituzione low-cost: sgominata a Pescara banda di sfruttatori cinesi FOTO

Pescara. Un’organizzazione meticolosa, dedita allo sfruttamento della prostituzione, con una donna a capo e centralinisti incaricati di smistare le richieste di prestazioni sessuali provenienti dai siti e dai giornali di incontri: una donna cinese rompe il muro del silenzio e permette alla polizia di sgominare la banda del “sesso low cost”. Ancora tre ricercati in tutta Italia.

Mentalità operaia cinese trasfusa allo sfruttamento della prostituzione: costi bassissimi, fino a 20 euro a rapporto, e servizi offerti a tutte le ore del giorno e della notte. Al centro dello sfruttamento ragazze immigrate clandestinamente e private del passaporto, costrette a prostituirsi sotto la minaccia della consegna alle forze dell’ordine. A raccontare tutto alla squadra mobile della polizia di Pescara, rompendo per la primissima volta il tradizionale muro del silenzio della comunità cinese, è stata una donna oggi 42enne, attualmente sotto protezione, individuata dalla Mobile a maggio scorso dopo la scoperta di un giro di appartamenti affittati a prestanome cinesi: due nel centro di Pescara, in piazza Primo Maggio e in corso Vittorio Emanuele, il terzo in via Spaventa a Montesilvano, nei pressi di viale Europa.

Via vai di uomini e rumori molesti a tutte le ore avevano portato gli inquilini di piazza Primo Maggio ad allertare la polizia già a gennaio 2014: quando gli agenti intervengono non trovano né clienti né prostitute, ma una coppia cinese intenta a contrattare con un agente immobiliare per l’affitto di altri appartamenti. Quei due sono il 25enne Gaoke Zhu, individuato dalla polizia come il mediatore e traduttore della banda, e la 49enne Chinxian Feng (in foto a colori), ritenuta il capo dell’intero racket. A suo nome risultava intestato l’affitto di un appartamento a Montesilvano, nello stesso stabile di via Spaventa dove altri prestanome avevano affittato un altro appartamento a luci rosse. Mesi di appostamenti e di interrogatori ai clienti hanno permesso di appurare che la Feng usava quella casa solo come base sulla piazza pescarese, dove si recava ogni 15 giorni per portare viveri alle sue “operaie” e per riscuotere gli incassi. Ma l’intero giro era gestito per telefono: dopo aver piazzato annunci con la tendenziosa offerta di un “massaggio particolare” su siti internet e quotidiani locali specializzati in incontri, la cinese rispondeva direttamente ai vari numeri di cellulare che aveva diffuso, smistando dal suo “centralino delocalizzato” la chiamata alle ragazze sparse su tutto il territorio nazionale.

A maggio scatta il blitz a Montesilvano, gli agenti trovano la ragazza che confessa tutto: l’arrivo a Milano nel 2012 in cerca di fortuna con un visto turistico, dei connazionali le tolgono il passaporto e la mettono a lavorare in una fabbrica in nero; il vortice della disperazione la porta, tramite un’amica, a rivolgersi alla Feng che la porta a Roma a prostituirsi con la promessa di riversarle il 40% degli incassi. Alcuni mesi nella capitale, poi il trasferimento a Montesilvano nella primavera del 2014. In un mese raccoglie 7mila euro ma la Feng le porta via tutto ogni 15 giorni: riesce a mettere da parte solo 500 euro, nascondendoli dietro un mobile della cucina; altri 1700 euro li aveva infilati nello spazzolone del water, ma dopo il blitz l’appartamento è stato riaffittato e i nuovi inquilini, ignari, hanno gettato tutto nell’immondizia. Perché, quando “l’operaia” viene presa e non risponde più al telefono, la Feng mangia la foglia e smantella la rete pescarese e lascia gli appartamenti. Getta perfino per strada i 4 cellulari che usava per contattare le ragazze e impartire gli ordini: essere pronte a tutto, a rapporti non protetti, a svendersi anche per 20 euro. Dalle intercettazioni esce fuori che Chinxian Feng millantava di essere in rapporti con le forze dell’ordine: bugie usate per tenere a bada le prostitute e per giustificare i repentini traslochi con la soffiata di una retata. Menzogne che aumentavano il “prestigio” della sfruttatrice e tenevano le clandestine in ostaggio della loro stessa condizione.

Lunghi mesi di ricostruzioni, durante i quali la testimone ha raccontato anche di essere in contatto con un’amica, vittima dello stesso giro, ma portata a prostituirsi a Brindisi, hanno chiusi un quadro di un’organizzazione diffusa su scala nazionale. Ieri il Il gip Nicola Colantonio, su richiesta del pm Campochiaro, ha firmato le ordinanze d’arresto, eseguite ieri sera dalla polizia pescarese con la collaborazione dei colleghi di Venezia, Prato, Rimini e Padova. “La Feng ci è scappata per un soffio”, ha detto stamattina in conferenza stampa Pier Francesco Muriana, capo della Mobile di Pescara, “ha il vizi del gioco d’azzardo, come molti cinesi: era al Casinò di Venezia ma è scappata un attimo prima della nostra irruzione”. Preso a Mestre il suo vicem Jianbin Chen, 42enne incaricato di rimettere in Cina il volume d’affari stimato sui 90mila euro all’anno per i soli 3 appartamenti del pescarese. Arrestato a Prato anche Gaoke Zhu, e nel padovano Tingcai Yang, considerato uno degli affittuari prestanome, così come i ricercati Rongmei Li e Caiying Zhou. Per tutto l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina.

I CLIENTI: DAI FINTI CARABINIERI AGLI SCONTENTI

Dagli interrogatori degli uomini fermati dalla polizia e dalle intercettazioni telefoniche si riesce a tracciare un variopinto profilo del cliente-tipo che si rivolgeva alle prostitute cinesi. Al “centralino” della Feng arriva la chiamata di un muratore pugliese che si finge carabiniere per strappare un’ulteriore sconto sul prezzo che, già di base, non supera comunque i 50 euro. La stessa cifra che un uomo si è visto richiedere dalla “lucciola” di corso Vittorio Emanuele nonostante, una volta arrivato sul posto, non si era trovato soddisfatto dalla ragazza e fosse andato via.

A Montesilvano, invece, si è presentato anche un uomo, reduce da infortunio, realmente alla ricerca di un massaggio fisioterapico, costretto ad andarsene scontento dopo aver ricevuto la proposta sessuale “low cost”.

 

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