In queste settimane i docenti di religione precari sono stati in trepida attesa per la definizione della parte del decreto-scuola che li riguarda, approvato con la legge n. 159 del 20 dicembre 2019, sulle misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico, tra le quali è stata inserita la previsione di una procedura concorsuale tutta per loro.
Il primo e unico concorso, infatti, fu bandito nel 2004, dopo l’entrata in vigore della legge 186/2003, che disciplina lo status giuridico degli IRC, prevedendo due specifici ruoli regionali (per la scuola dell’infanzia e secondaria, e per il settore della secondaria). Ma benché l’art. 3 comma 2 della predetta legge preveda che per tale categoria I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale, con frequenza triennale, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ci sono voluti 15 anni per prevedere una seconda procedura, che riserva una quota non superiore al 50% dei posti ai docenti che abbiano svolto almeno tre annualità di servizio oltre allo scorrimento delle graduatorie per chi ha superato il concorso del 2004.
Ma oggi a dominare la scena è una sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Avezzano, che ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati CISL del foro di Avezzano, Salvatore Braghini e Renzo Lancia, con cui chiedevano il risarcimento del danno per la lesione subita da una docente di religione precaria da molti anni, per non aver avuto l’opportunità di partecipare ad alcun concorso.
Il contraddittorio con il Ministero si era incentrato sulla peculiarità del reclutamento dei docenti di religione che, per i legali della CISL, non può incidere sulla regolamentazione del rapporto, lasciato allo Stato italiano, riservandosi la Chiesa esclusivamente un intervento di controllo sulla persona dell’insegnante di religione cattolica, attraverso i meccanismi del rilascio dell’idoneità e della partecipazione alla fase della nomina, onde sia garantita la conformità del docente a determinati standard di natura sia culturale che etica.
Per il Ministero, invece, la specialità della disciplina sarebbe tale da escludere la configurazione dell’abusiva reiterazione dei contratti.
Secondo il Giudice del lavoro, dr. Antonio Stanislao Fiduccia, negli anni del rapporto di lavoro con il MIUR l’abusiva reiterazione vi è stata, e per tale motivo ha condannato l’amministrazione a corrispondere 10 mensilità alla docente. La sentenza, inoltre, caso pressoché unico, stabilisce anche il pagamento in favore della ricorrente delle differenze stipendiali maturate per gli scatti di anzianità derivanti dalla ricostruzione della carriera secondo gli anni di effettivo servizio prestati, con ciò allineandosi alla recente sentenza del novembre 2019 sul tema della progressione economica.
L’avvocato Salvatore Braghini esprime piena soddisfazione per tale risultato in quanto – afferma – “anche per i docenti di religione il termine illegittimamente apposto determina una perdita di chance dell’occupazione alternativa migliore, ossia il ruolo, e la sanzione del risarcimento, come applicata da altri Tribunali e Corti d’appello, nel mentre rende giustizia a chi non ha potuto concorrere per il ruolo a causa dell’omessa indizione triennale dei concorsi come prevista dalla legge, ha indotto il Ministero, con il recente decreto legge sulla scuola, a regolarizzare anche la condizione dei docenti di religione precari, e tra questi in particolare, quelli iscritti nella graduatoria del primo e unico concorso che finalmente potranno essere immessi in ruolo”.