Il Giudice della sezione lavoro dopo aver ripercorso la specifica disciplina del docente di religione, ha ravvisato che anche l’insegnante di religione precario rispetto a quello di ruolo soffre una condizione deteriore di instabilità, in quanto soltanto quello “a tempo indeterminato, ove venga meno il gradimento dell’ordinario diocesano, rimane infatti dipendente dell’amministrazione scolastica, mentre quello a tempo determinato non ha alcun diritto a proseguire il rapporto, sicché la sua posizione è di gran lunga meno stabile”.
Il Giudice del lavoro ha poi criticato la sistematica violazione da parte del MIUR della legge 186/03, istitutiva del ruolo per i docenti di religione, osservando che “il Ministero non ha ottemperato all’impegno, pur normativamente previsto, di indire un concorso ogni tre anni, poiché l’ultimo concorso è stato indetto con decreto della direzione generale del personale della scuola del 2.2.04 ‘per la copertura dei posti che risultino vacanti e disponibili all’inizio di ciascuno degli anni scolastici 2004/2005, 2005/06 e 2006/07 (art. 1, comma 4, l. 186/03’)”.
Il Tribunale ha quindi condannato il MIUR “a corrispondere a ciascun ricorrente e interveniente una somma pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi fino al saldo effettivo”.
Gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, nell’esprimere la loro soddisfazione, sottolineano che “la decisione del Tribunale di Avezzano – a circa un mese dalla sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila che aveva confermato il risarcimento di 10 mensilità a un altro docente di religione precario – rende giustizia a una categoria di insegnanti che non ha beneficiato (diversamente dei colleghi delle altre discipline) né di una graduatoria permanente del primo e unico concorso svoltosi nel 2004 né di altri concorsi, pur previsti con frequenza triennale dal comma 2 dell’art. 3 della legge 186/03”.