Aielli. Prima la bufera di neve, da ore, poi l’elettricità che se ne va insieme all’acqua, poi il terremoto. E l’impossibilità di scappare perché fuori dalla porta c’è un muro di neve. Anna e Giuseppe, 68 anni lei, 75 lui, sono di Aielli, a 1.030 metri di altezza.
E gli anziani coniugi raccontano la loro storia di prigionieri in casa per 24 ore, mercoledì scorso, il giorno maledetto.
“Ci siamo svegliati – racconta Anna – e abbiamo aperto la porta di casa: c’era pochissimo spazio, per il muro di neve, e da quello arrivava un vento molto forte. Abbiamo chiuso e poi è andata via la luce e l’acqua. Mio marito allora ha preso una pala e ha cercato di farsi largo per andare a prendere la legna per il camino, faceva freddo.
Ci siamo seduti sul divano che, a causa del terremoto, si è letteralmente alzato, mentre i vetri tremavano. Lì ho avuto paura e sono corsa alla porta: ma dove potevo andare? C’era un muro di neve. Così, mi sono seduta di nuovo sul divano con mio marito, prigioniera nella mia stessa casa, ad aspettare”.
Il giovane sindaco Enzo Di Natale da due giorni non fa che coordinare gli interventi. E, ora che la luce è tornata dopo uno stop di 24 ore, racconta quanto fatto: “Abbiamo gestito l’emergenza neve, ne è caduta un metro e mezzo, e terremoto in assenza di elettricità – spiega – Ricordo che la parte più vecchia del paese è chiusa dal 2009, dal terremoto dell’Aquila, e molti dei nostri cittadini sono stati trasferiti nei prefabbricati.
Rimanere quasi 24 ore senza elettricità è assurdo: non solo, il numero emergenze di Enel che la Regione aveva fatto recapitare ai sindaci era irraggiungibile”.
Il sindaco, dopo aver provato e riprovato a telefonare a quel numero, si è rimboccato le maniche e ha noleggiato un gruppo elettrogeno che ha attivato alla scuola, “dove chi si fosse sentito poco al sicuro sarebbe potuto andare. Abbiamo chiamato anche mezzi esterni, tre bob per le vie più strette, e abbiamo pulito le strade giorno e notte.
E per fortuna è tutto passato, o quasi. Ma una cosa la voglio dire ad Enel: non è possibile non prevedere, in zone di montagna, già colpite dal terremoto del 2009 e di riflesso da quello di Amatrice, situazioni di emergenza. E’ difficile poi coprire una calamità, anche se noi eravamo pronti, quando mancano i servizi essenziali”.