La motivazione, secondo la struttura commissariale, sarebbe legata ai ritardi dei lavori con i quali la ditta avrebbe dovuto rendere di nuovo agibile le palazzine del Filadelfia: una proroga non è bastata alla ditta per terminarli, considerata anche la mole di lavori che si era aggiudicata. Quattro milioni di euro, riferisce Maria Grazia D’Ascanio, ingegnere alla quale è stato affidato il progetto e, al tempo stesso, ex abitante del Filadelfia. Ad una settimana di distanza dalla protesta, sembra che qualcosa si sia mosso. La situazione di Renato è esemplificativa di quello che sta accadendo all’Aquila, soprattutto in merito ai lavori di ristrutturazione delle case B e C, quelli che avrebbero dovuto essere portati a termine entro 6 mesi e che, per lunghezze burocratiche e inottemperanze delle ditte, stanno ritardando il rientro a casa degli aquilani. Su sollecitazione del Commissario per la ricostruzione è arrivata la proroga dei benefici per Renato, in previsione di estendere il provvedimento anche agli altri aquilani che dovessero ritrovarsi nella condizione di non rientrare a casa, non per proprie colpe. Per ora, può rimanere in albergo, così come altri cittadini: ma rimane aperta la questione legata alle ditte che dovranno eseguire i lavori nei singoli appartamenti, con Renato che continuerà a combattere per il suo diritto a rientrare a casa.
E se il Filadelfia, con i suoi 4 miliardi di appalto per la ristrutturazione, è solo la punta di un iceberg, quello di Renato non è sicuramente un caso isolato.
L’Aquila, fotografo sfollato si incatena davanti al Palazzo della Regione