“Contro il Popolo delle carriole che sputa sulla solidarietà e la celerità dimostrate dagli italiani nell’aiutare gli abruzzesi colpiti da terremoto. La prossima volta vi lasceremo nelle macerie!”.
Basterebbe questa frase per descrivere il gruppo nato su Facebook, il famoso social network, dal nome quanto mai emblematico: “Al prossimo terremoto lasciamo gli abruzzesi al loro destino”.
Al momento conta solo 51 iscritti (contro i 514 del gruppo “99 carriole”, ndr) ed è un tripudio di sarcasmo e inopportuna ironia.
A partire dal link alla canzone “guarda come dondolo”.
Si collocano nella categoria “cause e ideali” ed il loro obiettivo è colpire, in un certo senso, i vivi, quelli che sono sopravvissuti al sisma del 6 aprile scorso.
“L’Aquila è capoluogo d’Abruzzo solo perché nel 1963 si misero a frignare, come frignano oggi”, scrive “il cingalese mascherato”.
Gli fa eco una tal “stephanie ferri” secondo la quale “L’Aquila è venuta giù con uno sputo”, mentre “al mendosa” era convinto che “l’Abruzzo fosse stato venduto agli albanesi” e tanto, tanto altro, che di certo è meglio non sottolineare.
Al gruppo, tuttavia, sono iscritti anche gli indignati, quelli che hanno già provveduto a segnalarlo alla polizia postale. E questa sicuramente farà le indagini del caso e provvederà alla chiusura.
Indignarsi? Troppo poco. Scandalizzarsi? Sarebbe il minimo.
L’altra faccia della rete è questa, il buono e il cattivo dei tempi moderni. Sperando che il primo, alla fine, sconfigga il secondo, proprio come succede nei migliori film.
Ad un anno dal sisma che ha sconvolto l’Abruzzo e l’Italia intera, ci prepariamo a dare il giusto tributo alle 300 vittime che sotto quelle macerie hanno perso la vita.
A quegli aquilani che sotto quelle macerie hanno perso i loro cari, i loro ricordi, quella vita che non potrà più tornare.
A quegli aquilani che oggi continuano a lottare. Forti e gentili.
Marina Serra