A muoverli la rabbia di chi, sotto quelle macerie che hanno fatto da cornice al corteo, ha perso un amico, un genitore, una figlia, un parente. E la paura che il processo breve oscuri la verità su tragedie come quella del 6 aprile a L’Aquila. Tra i partecipanti, oltre 4mila, serpeggiano ancora le frasi delle intercettazioni telefoniche, che hanno scatenato la voglia degli aquilani di riprendersi in mano la propria città. Tutti sono partiti dalla Fontana Luminosa per arrivare fino alla Casa dello Studente, dove i genitori dei ragazzi che proprio lì hanno perso la vita hanno lasciato fiori e mimose. Con loro uno striscione con su scritto: “6 aprile 2009: chi ha ucciso i nostri figli?”.
Sembra che, per la prima volta, in piazza siano scesi anche i genitori dei ragazzi morti con il crollo di abitazioni private de L’Aquila. Al loro fianco il deputato del Pd, Giovanni Lolli, il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente e la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, che ha ricordato come, undici mesi dopo il sisma, “le ferite sono ancora aperte, nei muri delle case e nelle nostre anime. Ma la forza, il coraggio e la perseveranza di questa città non si spengono, come le fiaccole di questo silenzioso corteo. Quel silenzio era carico di significati. In realtà è stato un grido di dolore, una preghiera per ricordare chi non c’è più, un’invocazione di giustizia e trasparenza, un incitamento a ricostruire presto il nostro futuro”.