Il primo, e forse il più evidente: la spesa, per ogni C.A.S.A., al metro quadro.
2500 euro. Edifici antisismici e non provvisori, data proprio la loro struttura in cemento armato che li rende resistenti, e inamovibili, al tempo stesso. Con, in più, una forte incidenza sul paesaggio: l’esempio è Camarda, dove l’impatto ambientale delle nuove costruzioni è veramente imponente.
Costo dei MAP: 800 euro al metro quadro. Costruiti in legno, anche loro antisismici, ma provvisori ed adattabili al territorio senza dover incidere più di tanto sul paesaggio. L’esempio è Onna, il paese simbolo del terremoto: i MAP della Provincia di Trento, costruiti in tre mesi, sono stati edificati a poche centinaia di metri dal vecchio centro, non andando a incidere su nuove reti fognarie, di comunicazione, di viabilità.
Particolare non indifferente: perché il costo elevato delle C.A.S.E. è proprio nella progettazione e nell’esecuzione delle opere “accessorie”, di comunicazione, di viabilità. Insomma i servizi. Le aree in cui si sono costruite le C.A.S.E. sono spesso in aperta campagna, in aree un tempo non edificabili, quindi non dotate di servizi.
Un secondo dato: il costo degli aquilani negli alberghi sulla costa e nella provincia dell’Aquila. 50 euro a persona, ogni giorno. Una spesa che coinvolge per lo più i possessori di case B e C, quelle 28000 persone che ancora non hanno un posto dove stare perché i processi burocratici di ricostruzione “leggera” sono lunghi e complicati. E può accadere, come testimoniano le immagini di Iacona, che le pratiche rimbalzino da Reluis a Fintecna per poi ritornare al destinatario, con richiesta di integrazioni e tempi superiori ai 100 giorni dalla domanda di finanziamento per iniziare i lavori.
Terzo dato: la rimozione delle macerie. A settembre Guido Bertolaso affermò che la ricostruzione “pesante” – ovvero quella in centro storico – sarebbe cominciata a inizio 2010. Ma il vero problema è nello smaltimento delle macerie, e l’invasione della zona rossa delle ultime due domeniche da parte degli aquilani lo dimostra pienamente. L’Aquila, con il suo cumulo di detriti, rimane ancora off limits.
E ogni Aquilano si è rivisto nelle storie degli Aquilani intervistati: della famiglia che si deve svegliare alle 5 del mattino per accompagnare i figli a scuola. Di chi ha deciso di iscrivere il proprio bambino sulla costa, per rendere la giornata un po’ meno pesante e stressante, ma con un gran senso di solitudine. Senso di solitudine di una coppia di aquilani, che resta chiusa nel suo residence di Roseto perché non conosce nessuno e non c’è nulla da fare.
Di chi dorme in macchina, di chi compra una roulotte a spese proprie, di chi vive in garage, di chi rientra nelle case inagibili. E quasi si vergogna, nel rientrare a casa propria.
Storie di una città che forse per la prima volta è apparsa così com’è. Nuda, con le sue macerie, silenziosa. Combattendo una battaglia che sembra ancora troppo lunga.