Fra interviste di imprenditori e ricostruzioni di intercettazioni telefoniche, fa capolino L’Aquila con i suoi Map, la sua gente, il suo centro storico ormai fantasma. In primo piano l’opinione della gente, quella comune, quella che vive lontana dalle più complesse logiche aziendali, quella la cui unica necessità non è aggiudicarsi un appalto o farsi massaggiare da fisioterapiste. Quella il cui bisogno più grande è semplicemente l’aria di casa e di normalità.
L’interrogativo più forte su cui la puntata è in realtà ruotata è, chiaramente, il presunto coinvolgimento del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, nel giro d’affari che avrebbe portato gli imprenditori protagonisti dell’inchiesta ad aggiudicarsi importanti lavori per l’organizzazione del G8.
Tra un accordo ed un altro, però, sembrerebbero emergere legami con L’Aquila, le principali autorità istituzionali regionali e la ricostruzione del capoluogo abruzzese. Un appalto in particolare è quello citato durante la trasmissione: la costruzione di una scuola a L’Aquila per 7,3 milioni di euro. Si tratterebbe del primo lavoro che Denis Verdini avrebbe fatto assegnare ad un suo amico imprenditore, dopo le telefonate tra lui, Gianni Chiodi ed il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini.
A catturarle le stesse intercettazioni telefoniche che hanno impietrito l’Italia intera nell’udire che qualcuno, alle 3,32 di quel famoso 6 aprile, rideva nel letto, perché terremoti del genere non arrivano tutti i giorni.
Anno Zero è ,perciò, tornato proprio tra quei luoghi, aiutato da Lilli Centofanti, la sorella di Davide, uno dei ragazzi trovati sotto le macerie della Casa dello Studente. Ripercorrendo il centro storico, la ragazza e l’inviato si soffermano su quelli che da sempre sono i luoghi di ritrovo della gioventù aquilana, fatta di abitanti ma, soprattutto, di studenti. Il quesito è capire quali tempi caratterizzeranno la ricostruzione, se il centro storico de L’Aquila tornerà a vivere o se si farà sempre più strada l’idea di raderlo al suolo per costruire nuovamente.
Intanto, ai piedi della periferia, sorge la nuova città satellite, fatta di moduli provvisori che tengono stretto, come in un abbraccio, ciò che rimane del capoluogo. Ed è proprio da qui che ha inizio la protesta dei cittadini, che lamentano l’impossibilità di banalizzare la storia aquilana investendo cifre importanti per i moduli abitativi. “Si sono impegnati gli investimenti soltanto sul progetto CASE” spiega ai microfoni di Anno Zero un architetto aquilano, “distraendo quindi dei fondi che avrebbero potuto risparmiare. Attorno alla ciambella di moduli abitativi ci sono, infatti, 170 ettari di città completamente ferma. Ad oggi non è stato fatto nulla. Risparmiando un po’ ed utilizzando altre tecnologie, avremmo potuto ripartire il resto per dare immediata linfa al nostro centro storico”.
Tania Di Simone