Il 21enne investì con la sua auto, il primo luglio 2016, la moglie di Di Lello, Roberta Smargiassi, che era alla guida di uno scooter, a Vasto. La donna si schiantò contro un semaforo, cadde sull’asfalto e morì poco dopo in ospedale.
Ha gridato tutto il suo dolore in aula Diana Cupaiolo, la mamma di Italo d’Elisa ucciso il 1 febbraio 2017 da alcuni colpi di pistola davanti a un bar a Vasto da Fabio Di Lello, alla lettura della sentenza della Corte d’Assise d’Appello a L’Aquila che ha ridotto la condanna al carcere da 30 a 20 anni all’omicida.
“Lo Stato lo ha ucciso un’altra volta – ha detto la donna – invece di stare vicino alle persone che vi si affidano per essere protette dalla giustizia”. Rincarano la dose anche Andrea e Alessandro d’Elisa, fratelli di Angelo, padre di Italo, che insieme vogliono commentare quanto ascoltato dal presidente della Corte d’Assise d’Appello. “Siamo rimasti esterrefatti: come si fa a pronunciare una sentenza del genere che dà un colpo di grazia alla giustizia?” dichiarano all’ANSA. “Lo stato di diritto – sostengono – deve essere rispettato. I difensori di Di Lello hanno sfidato le istituzioni che dopo questa sentenza si dimostrano deboli. Di Lello ha ucciso Italo e ora che fanno? Gli danno un premio riducendogli la pena”.
E aggiungono: “Come si fa a concedere le attenuanti generiche per l’uccisione a colpi di pistola di un bambino (ndr, riferendosi al nipote 21enne) che andava in bicicletta? Questa sentenza è un messaggio negativo per tutti i giovani. Italo è morto – dicono Andrea e Alessandro – nessuno può più fargli del male, ora però a morire è stata la giustizia. Un atteggiamento che non riusciamo a capire è sicuramente un disvalore”.
La famiglia D’Elisa aspetterà di leggere la sentenza e poi deciderà se seguire la strada del terzo grado di giudizio con il ricorso in Cassazione “perché comunque e sempre crediamo nella giustizia che vogliamo per il nostro Italo, fino alla fine”.