La vicenda vedeva sotto accusa i genitori del ragazzo, che avrebbe volontariamente impedito al figlio di frequentare. I genitori sono stati assolti.
La frequentazione della scuola dell’obbligo è considerato, ancora oggi, uno degli elementi più importanti nella formazione delle menti del domani. Negli ultimi anni però, il dialogo riguardo alla scuola italiana, è virato in maniera decisiva su un punto in particolare: interazioni tra genitori, figli/alunni e insegnanti. Sempre di più sono le opinioni secondo cui, i genitori d’oggi sembrino troppo “morbidi” nei confronti dei figli.
Questa “morbidezza”, di conseguenza, porterebbe a un mancato rispetto delle figure d’autorità scolastica, come gli insegnanti per esempio, e dell’istituzione scolastica in generale. E, alla luce di discorsi simili, una vicenda avvenuta lo scorso anno, sembrava richiamare a tutti quei fattori di menefreghismo che tendono a preoccupare, soprattutto quando si parla di come dei genitori educhino i figli.
Genitori assolti
In una scuola primaria del teatino, un alunno registra ben 57 giorni d’assenza. Secondo le norme attualmente vigenti, questo sarebbe motivo immediato di bocciatura per l’alunno, dato che il monte ore massimo di assenze da accumulare, non deve superare le 50 ore annue. Dato che però, si tratta di studente minorenne presso scuola dell’obbligo, ad avere problemi sono stati i genitori del bambino, in seguito alla segnalazione del dirigente scolastico dell’istituto comprensivo della provincia.
Una coppia di origini straniere, si è infatti trovata coinvolta in una vicenda giudiziaria: uno dei punti fondamentali della responsabilità genitoriale (istituto previsto dalla Legge 129/2012) è il diritto all’istruzione, che si tradurrebbe nel mandare i propri figli presso istituti scolastici consoni. 57 giorni d’assenza, sono stati visti come una mancanza dei genitori, di ottemperare ai propri doveri.
La coppia però, assistita dall‘avvocato Tullio Zampacorta, è riuscita a ribaltare la situazione e a mettere in luce la verità: il bambino avrebbe registrato quei 57 giorni d’assenza, non per negligenza ma perché i genitori hanno dovuto portarlo più e più volte presso il paese d’origine per sottoporlo a delle cure mediche. Tali dichiarazioni sono state suffragate dall’opportuna documentazione.
I genitori inoltre, hanno dichiarato di non aver fatto mancare l’istruzione al figlio, durante quel lasso di tempo, implementandola con lettura di libri e con l’aiuto di un fratello maggiore, che già aveva studiato regolarmente in Italia. Un anno è passato dalla vicenda. Il bambino adesso ha superato la quinta elementare e frequenta la prima media. A ribaltare la situazione, il Giudice di Pace, secondo cui il fatto non costituisce reato.