Era pienamente capace di intendere e di volere al momento del fatto Francesco Marfisi, il 51enne di Ortona che il 13 aprile 2017 uccise con numerose coltellate la moglie, Letizia Primiterra, e l’amica di lei Laura Pezzella.
Lo dice la perizia redatta dalla psichiatra Marilisa Amorosi, oggi sentita nell’udienza del processo con rito abbreviato, subordinato alla perizia psichiatrica, che si celebra dinanzi al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Chieti Isabella Maria Allieri.
Secondo la perizia, Marfisi, che oggi era in aula assistito dall’avvocato Rocco Giancristofaro, fu spinto da un movente passionale, di rabbia e di gelosia, che non ha pregiudicato la sua capacità di intendere e volere. La consulenza della difesa, stilata dallo psichiatra Filippo Maria Ferro, definisce Marfisi borderline e quel giorno, ha spiegato il suo avvocato, avrebbe agito in preda a un raptus.
Due parti civili, i genitori di Laura Pezzella, assistiti dall’avvocato Luigi Leo, hanno chiesto un’integrazione delle indagini “per comprendere diverse cose – ha detto l’avvocato Leo a fine udienza – La prima è che la premeditazione era palese, la seconda è che chi avrebbe potuto evitare la tragedia aveva gli elementi per poterlo immaginare”.
“Le parti civili hanno appreso notizie che fanno comprendere che ci sono stati diversi allarmi prima degli omicidi, allarmi che avrebbero potuto essere ben percepiti per evitare che accadesse quello che è accaduto – ha detto ancora il legale – Allarmi che dovevano raccogliere gli investigatori, le forze di polizia, quelli che hanno investigato e quelli che hanno conosciuto Marfisi prima degli omicidi. La moglie si era recata altre volte dai Carabinieri per denunciare quello che il marito le faceva e lì in caserma sembra ci siano stati diversi allarmi”.
Prossima udienza il 6 giugno quando il giudice dovrà sciogliere l’eccezione sulla richiesta di integrazione delle indagini.