Ortona, ha attraccato la nave di Emergency con 161 migranti

Ortona. Ha attraccato poco dopo mezzogiorno la Life Support di Emergency nella banchina nord del porto di Ortona.

A bordo 161 migranti.

Sulla banchina sono presenti il personale della Guardia Costiera, Vigili del Fuoco, Polizia, e anche della Prefettura di Chieti con il coordinamento del viceprefetto, Gianluca Braga.
Ci sono anche i volontari di Emergency, in particolare il responsabile sanitario per i soccorsi in mare, Roberto Maccaroni, ha confermato che “la situazione a bordo dei naufraghi non ha destato particolari problemi. Non abbiamo avuto emergenze, all’atto del recupero come succede in molti casi per il fatto che sono stati mai più ventiquattr’ore in mare, erano disidratati, debilitati e si reggevano a mala pena in piedi.

Durante la navigazione sono stati i soliti casi di dolori addominali, febbri o malattie cutanee. Tanti bambini a bordo non accompagnati, decine, in questo caso anche bambini piccoli, e questo da la cifra della disperazione di queste persone che mettono i loro figli sulle barche purchè se ne vadano da quei paesi” Sulla chiglia della nave campeggia una storica frase di Gino Strada “I diritti devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti: se no chiamateli privilegi”.

 

All’incirca la metà di tutto il gruppo resterà in regione Abruzzo tra adulti e parte dei minori.

Per il resto destineremo un gruppo di 40 nella regione Marche, così come disposto dal ministero dell’Interno e altri 20 in Molise”.

A spiegarlo è il viceprefetto di Chieti, Gianluca Braga, che ha coordinato le operazioni di accoglienza dei 161 migranti arrivati ad Ortona sull’imbarcazione Life Support di Emergency.
“Sono iniziate le operazioni di sbarco dei primi migranti secondo i criteri di priorità adottati dall’Usmaf – ha spiegato Braga – che ha fatto una prima valutazione a bordo di tipo sanitario, quindi naturalmente diamo la precedenza alle donne in stato di gravidanza, minori, bimbi piccoli con mamme. La Asl valuterà naturalmente l’esigenza di eventuali ricoveri precauzionali o addirittura casi di ‘codice rosso’. Laddove ciò non sia i migranti verranno destinati immediatamente presso il Palasport di Villa Caldari per le operazioni di fotosegnalamento e di identificazione inerenti le attività di polizia di frontiera, per poi essere smistati verso i vari centri”.

 

Rispetto a quanto sarebbe servito per raggiungere porti più vicini, arrivare ad Ortona ha implicato 2 giorni ulteriori di navigazione rispetto ad un porto siciliano.

Questo vuol dire che la Life Support sarebbe potuta essere già in viaggio verso acque internazionali per salvare altre vite umane”, lo afferma Emanuele Nannini, capo della missione Life Support di Emergency che è sbarcata oggi a Ortona.

“Per raggiungere il porto abbiamo affrontato condizioni meteo marittime avverse e particolarmente impegnative: nella scorsa notte le onde erano di quattro metri e le condizioni sono state difficili sia per l’equipaggio che per i naufraghi a bordo che hanno sofferto molto, mentre la legge internazionale prevede che sarebbero dovuti essere portati in un luogo sicuro il prima possibile.” “Vogliamo tornare quanto prima nel Mediterraneo, mettendoci a disposizione delle autorità competenti presenti in mare. Durante quest’ultima missione, abbiamo ricevuto moltissime segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà nel Mediterraneo e soprattutto sulla rotta tunisina – continua Nannini -. Di fatto, siamo stati testimoni degli effetti delle recenti politiche tunisine verso gli stranieri presenti sul proprio territorio e della grave crisi economica che sta affliggendo il Paese. A bordo, i superstiti ci hanno raccontato come la Tunisia rischia di diventare la nuova Libia: arresti arbitrari e violenze da parte della polizia, rapine armate senza che nessuno intervenga, case incendiate perché abitate da stranieri”.

 

“Io e la mia nipotina di 4 anni, che accudivo all’epoca – riferisce una donna – siamo rimaste in prigione in Libia per un anno. Mi hanno picchiata in qualsiasi parte del corpo. Ho ancora le cicatrici. Ogni sera sceglievano una donna da violentare. Per fortuna a me non è mai toccato. Mentre ci picchiavano, fumavano come se fosse un gioco”.
Le persone provenienti dalla Tunisia hanno passato più di tre giorni in mare navigando alla deriva. “Ho 45 anni e soffro di ipertensione – spiega una donna delle Costa d’Avorio, tra i superstiti -. Ho passato tre giorni in mare, senza bere, né mangiare, senza avere la possibilità di usare un bagno, sotto il sole cocente e nel freddo notturno. Quando ci avete soccorsi, avevo ovunque sul corpo la benzina che si era rovesciata dalle taniche. Non riuscivo a camminare, a reggermi in piedi. Mi hanno dovuta portare di peso”.
“Appena ho visto peggiorare la situazione in Tunisia ho deciso di far partire subito mia moglie con la nostra bimba. Non vedo l’ora di ristringerle tra le mie braccia – racconta un uomo della Costa d’Avorio -. Io sono rimasto in mare tre giorni.
Abbiamo incontrato tanti pescherecci, ma i pescatori ci dicevano che non potevano farci imbarcare sulle loro navi perché rischiavano denunce penali. Avrebbero chiamato i soccorsi.
Quando abbiamo visto la vostra nave abbiamo capito che non ci avreste lasciato morire”.
Attiva in operazioni di ricerca e soccorso dal dicembre 2022, la Life Support termina oggi la sua quarta missione. In questi quattro mesi, ha salvato la vita di 564 persone.

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