Lanciano. “Casa Circondariale di Lanciano, un disastro che la UILPA Polizia Penitenziaria aveva ampiamente previsto e annunciato quando in varie occasioni aveva chiesto l’intervento delle competenti autorità, le ultime richieste di aiuto, a firma congiunta, risalgono al 11/12/2019 e 15/01/2020 indirizzate al Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria Dott. Carmelo Cantone, al Sig. Prefetto di Chieti Dott. Giacomo Barbato ed al Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Dott. Francesco Basentini”.
Si legge così in una nota di Ruggero Di Giovanni, che prosegue: “I fatti dell’ultimo mese parlano da soli e descrivono le conseguenze reali di tutta una serie di problemi organizzativi mai affrontati:
• Il 22 gennaio si è sfiorata la tragedia, quando un detenuto ha appiccato un incendio nei pressi del cancello della sua cella, il corridoio si è immediatamente saturato del denso fumo nero esalato dalla combustione dei materiali plastici ed il personale intervenuto è riuscito a stento a portare in salvo i detenuti subendo loro stessi gli effetti del fumo tossico;
• Solo nell’ultimo mese sono stati rinvenuti almeno 8 telefoni cellulari nell’istituto di villa stanazzo; in particolare è stato anche individuato un detenuto che tentava di introdurre un telefonino nel reparto detentivo, approfittando di essere ammesso all’art.21 O.P. per svolgere la sua attività lavorativa nell’istituto;
• Altri 2 detenuti il 9 febbraio, trovati in possesso di 3 mini-cellulari hanno perfino protestato per il fatto di essere stati scoperti e privati dei telefoni, non consentiti in carcere, e con un totale disprezzo per le regole hanno pensato bene di salire su di un tetto in segno di protesta chiedendo un telefono cellulare per telefonare; durante la permanenza in cima al carcere hanno distrutto, con un paio di spranghe metalliche rinvenute durante la passeggiata all’aria aperta, numerosi climatizzatori e diversi lucernai in plexiglass per un danno totale stimato di oltre 5000€; certo è che è stato necessario l’intervento sul tetto di un Ispettore e di un Assistente di Polizia Penitenziaria che, rischiando di cadere o di essere spinti giù dal tetto, hanno convinto i due a desistere dalla protesta.
• Come se non bastasse uno dei due detenuti il giorno dopo ha pensato bene di inscenare una nuova protesta tentando di bloccare le attività dell’istituto, tant’è che si è reso necessario l’uso di scudi e manganelli per bloccare e contenere le velleità del ristretto.
• E ancora, un paio di giorni dopo, un’altro detenuto ha di fatto bloccato le attività di una sezione detentiva trincerandosi nelle scale deputate all’entrata ed all’uscita dei detenuti dalla sezione, impedendo temporaneamente le normali attività degli altri ristretti e ritardando la somministrazione della terapia agli altri detenuti per alcune ore.
• Dulcis in fundo, omettendo altri episodi intermedi, si arriva a quella che ha assunto i contorni di una rivolta, avvenuta martedì 25 nel tardo pomeriggio e che ha visto un gruppetto di detenuti mettere a ferro e fuoco una sezione detentiva, spalleggiati dalla maggioranza dei detenuti presenti, invero grazie al clima carcerario particolarmente favorevole è stato semplice per i due convincere l’intera sezione detentiva a dargli manforte scatenando un inferno di distruzione che ha reso impossibile qualsiasi forma d’intervento per diverse ore, ovvero fino all’autorizzazione dell’uso di caschi, scudi e manganelli disposto dal direttore dell’istituto in base all’art. 41 O.P.;
I particolari dell’accaduto sono già stati diffusi nei giorni scorsi ma quello che vogliamo chiedere riguarda i motivi dell’escalation di violenza nell’istituto frentano, fatti che hanno costretto il Provveditore Regionale, Dott. Carmelo Cantone, ad intervenire personalmente a villa stanazzo per dirigere le operazioni di trasferimento di oltre 30 detenuti, tutti implicati a vario titolo nella rivolta ed alla chiusura temporanea della sezione detentiva teatro della rivolta.
Se abbiamo taciuto alla stampa gli ultimi episodi è stato solo perché eravamo in attesa dell’intervento dei competenti uffici superiori ed anche perché abbiamo subito una forte campagna denigratoria da parte di chi ci accusava di disfattismo, protagonismo ed in qualche caso anche di procurare allarmismo ingiustificato.
La storia recente ha dimostrato, e direi ampiamente, che avevamo ragione a protestare, anche pubblicamente, che avevamo ragione a chiedere l’intervento dei vertici dell’amministrazione e che a livello locale c’è qualcosa che non funziona, purtroppo ad oggi non abbiamo avuto riscontro alle nostre segnalazioni.
Chiederemo quindi, nuovamente, ai vertici dell’amministrazione che vengano individuate le responsabilità dell’accaduto, chiederemo che la Polizia Penitenziaria venga messa di nuovo in grado di assolvere al principale dei suoi doveri istituzionali che, giova ricordarlo, è quello di mantenere l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari, chiederemo per la Polizia Penitenziaria il riconoscimento della dignità dovuta a tutti i lavoratori”.