Chieti. Il corpo Forestale dello Stato, a pochi giorni di distanza e in diverse località, nell’ambito di alcune operazioni antibracconaggio ha liberato due cinghiali, entrambi caduti in trappole fatte di cavi d’acciaio (quelli che nel gergo dei bracconieri si chiamano “lacci”), illecitamente utilizzate per la cattura di fauna selvatica e ha colto un bracconiere in flagranza di reato.
Il primo dei due episodi risale all’11 gennaio scorso, quando, in Contrada Montupoli a Miglianico, il personale del Comando Stazione Forestale di Lanciano, intervenuto a seguito di una segnalazione al numero 1515 di emergenza ambientale del Corpo Forestale dello Stato, si è trovato di fronte un esemplare femmina di circa 70 kg, ancora viva, che tentava invano di liberarsi dalla trappola. In quell’occasione, è stato necessario richiedere l’intervento del Servizio Veterinario della ASL Lanciano-Vasto-Chieti, che, dopo aver narcotizzato l’animale, lo ha liberato dalla stretta, curando la profonda ferita inferta dal filo di ferro. E’ ancora in corso un’attività d’indagine per individuare il responsabile.
Il secondo episodio si è invece verificato il 21 gennaio, a San Vito Chetino, dove una pattuglia del Comando Stazione Forestale di Lanciano, nel corso di un appostamento, ha sorpreso un bracconiere mentre, armato di fucile, si avvicinava ad un cinghiale caduto in trappola, nell’intento di sopprimerlo. L’animale, spaventato ma vivo, è tornato in libertà, mentre il bracconiere rischia non soltanto la condanna al pagamento di un’ammenda fino a 3mila euro, per l’esercizio di attività venatoria con mezzi non consentiti dalla legge, ma anche la reclusione da tre mesi a un anno e la multa da 3mila a 15mila euro per maltrattamento di animali.