I 47 dipendendi della Cil, azienda che in Val di Sangro lavora nell’indotto Sevel, stanno presidiando lo stabilimento, chiuso dal 31 gennaio, per “impedire che venga svuotato di macchinari e materiale”. Gli operai, messi in ferie dal 2 al 20 gennaio per la decisione dell’azienda di non proseguire l’attività produttiva nello stabilimento della Val di Sangro, hanno iniziato un presidio dello stabilimento per evitare che i tecnici proseguano nel portare via materiale e macchinari verso altri stabilimenti del gruppo Cill, che ha la sede legale a Perugia, uno stabilimento a Umbertide e un altro in Abruzzo a San Salvo. “E’ l’ennesimo furto del lavoro in provincia di Chieti – dice il segretario provinciale della Uil-Uilm, Nicola Manzi – non si mettono in mezzo a una strada dall’oggi al domani. Chiediamo immediatamente delle risposte anche alla ISRI, l’azienda che ha dato la commessa alla CIL (l’azienda produce per la Sevel l’ossatura delle panche per la seduta del furgone Ducato, ndc) e alla Sevel che deve sapere cosa succede in un’azienda del suo indotto, visto che tiene alla qualita’ dei propri prodotti”. Il motivo della decisione di chiudere la fabbrica in Val di Sangro sarebbe stato generato, secondo il segretario Manzi, “dal mancato adeguamento dello stabilimento a delle prescrizioni di sicurezza indicate dagli ispettori del lavoro che hanno visitato l’azienda dopo alcuni infortuni occorsi ad alcuni lavoratori nel 2012”. “Non e’ possibile chiudere una fabbrica per non fare degli interventi circa la sicurezza dei lavoratori – sottolinea Manzi – i lavoratori non sono merce di scambio e non si lasciano senza lavoro dall’oggi al domani”. La Cill e’ subentrata in affitto di ramo d’azienda dopo il fallimento della Verlicchi di Bologna alcuni anni fa.
Coasì il presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, ha espresso la propria vicinanza ai lavoratori: “Sono vicino alle maestranze in lotta e nei prossimi giorni convocherò una riunione in Provincia con Azienda, Organizzazioni Sindacali e Istituzioni. Chiediamo la massima chiarezza sui termini di questa vicenda, esattamente come i lavoratori e le organizzazioni sindacali vogliamo conoscere ragioni della chiusura. Non possiamo accettare che questo territorio perda un altro insediamento produttivo con una pesante ricaduta occupazionale”.