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Chieti, operazione ‘Ghost Work’: 5 arresti e 2 denunce per posti di lavoro fantasma all’Università D’Annunzio

Chieti. Promettevano posti di lavoro “fantasma” presso l’Università D’Annunzio di Chieti – Pescara millantando conoscenze con note personalità del settore e falsificando i relativi documenti necessari per far credere alle vittime di aver avviato le procedure. In manette, in esecuzione di 5 ordinanze di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari con le accuse di millantato credito, sostituzione di persona, falso in scrittura privata e truffa sono finiti: Patrizia Marino, 55enne impiegata ASL di Ortona che aveva il compito di procacciare le vittime; la figlia Pamela Magno, 32enne disoccupata di Ortona, ideatrice di tutte le attività illecite. Assegnava compiti e ruoli agli altri complici, redigeva di proprio pugno false scritture private, si sostituiva a persone realmente esistenti o immaginarie, millantando anche conoscenze influenti all’interno dell’ateneo; Marco Marino, 54enne disoccupato di Ortona, fratello di Patrizia. Analogamente alla nipote, redigeva di proprio pugno false scritture private, si sostituiva a persone realmente esistenti o immaginarie e millantava con le vittime conoscenze influenti all’interno dell’ateneo; Luciano Di Odoardo, 69enne  di Ortona, dirigente ARTA Pescara, probabile ideatore del sistema. Utilizzava la propria autorevolezza per dare spessore alle promesse, seguiva con attenzione l’evolversi degli eventi, dando consigli e disposizioni direttamente Patrizia Marino; Maria Concetta Vadini, 55enne disoccupata di Ortona, si sostituiva telefonicamente a persone reali o immaginarie, millantando influenti conoscenze all’interno dell’università e recitando, di volta in volta, le parti che le venivano assegnate principalmente dalla figlia dell’impiegata della ASL.

Denunciati in stato di libertà anche Lino Camillo D’Arcangelo, 64enne dipendente della ASL, responsabile della mensa dell’Ospedale “SS. Annunziata” di Chieti che partecipava all’opera di convincimento delle vittime, garantendo il buon fine delle trattative, e Cesare Claudio Di Renzo, 35enne disoccupato, figlio di Maria Concetta Vadini, che si sostituiva telefonicamente a persone reali o immaginarie eseguendo, di volta in volta, le disposizioni impartitegli da Pamela Magno.

I provvedimenti restrittivi sono stati emessi da. Paolo Di Geronimo su richiesta del sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti, Giuseppe Falasca, che ha coordinato le indagini degli uomini dell’Arma.

L’attività investigativa è scaturita dalla denuncia presentata, alla Stazione Carabinieri di Chieti Scalo, da una coppia di genitori che, in 2 anni, aveva consegnato alla Marino, in più soluzioni, una cifra complessiva di circa 25mila euro necessaria, a detta della donna e dei suoi complici, per remunerare personaggi di spicco dell’Ateneo che avrebbero dovuto seguire le pratiche di assunzione delle loro figlie. Le indagini svolte dai Carabinieri della Stazione di Chieti Scalo e del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Chieti hanno però permesso di individuare altre 15 vittime dell’astuto raggiro che, secondo quanto emerso sino ad ora, avrebbe fruttato ai malviventi un guadagno superiore agli 80mila Euro.

Il sistema ideato per architettare la truffa si basava, fondamentalmente, sul rapporto di fiducia già esistente tra le vittime ed i malviventi. Quest’ultimi, facendo leva sullo stato di bisogno dei malcapitati promettevano dei posti di lavoro per loro o per i congiunti, principalmente presso l’Università di Chieti – Pescara, avvalorando la propria capacità di portare a buon fine le procedure di assunzione millantando la conoscenza di personaggi di spicco dell’Ente. Oltre a produrre atti, contrassegni e valori contraffatti riportanti loghi, nominativi e firme dell’ateneo, spesso i truffatori procuravano alle vittime anche contatti telefonici con gli ipotetici “personaggi di spicco” che, in realtà, altro non erano che loro complici.

Nel corso delle indagini sono stati rinvenuti e sequestrati falsi contratti di lavoro, tesserini contraffatti dell’università, falsi assegni di conto corrente riportanti l’intestazione dell’Ente, presumibilmente necessari a creare nelle vittime il convincimento di essere in relazione con soggetti realmente inseriti nell’ambito dirigenziale dell’Università D’Annunzio, luogo fisico dove sono avvenute persino delle cessioni di denaro, percepite da Pamela Magnoche si presentava come dipendente dell’Università con funzioni tali da poter influire sulla dirigenza stessa.