I cetacei sono stati avvistati stamani da alcuni surfisti che hanno avvertito la Capitaneria di Porto. Immediate le procedure di emergenza. Sul posto ci sono i veterinari della Asl provinciale di Chieti. I cetacei erano seguiti da qualche giorno nell’Adriatico dopo essere stati avvistati per la prima volta in Croazia. (Foto Ansa).
Il Ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti è stato informato stamattina dello spiaggiamento dei sette capodogli a Punta Penna presso Vasto ed è in costante contatto con il Reparto Marino Ambientale della Guardia Costiera, che sta coordinando le operazioni per cercare di salvare i cetacei.
Sul posto sono operative le unità della guardia costiera Pescara e Ortona, il nucleo subacqueo della guardia costiera di San Benedetto del Tronto, e i volontari protezione civile.
Si sta recando sul posto l’Unità Speciale dell’Università di Padova diretta dal prof. Mazzariol, che opera in convenzione con il Ministero dell’Ambiente proprio per i casi di spiaggiamento dei cetacei. Sono state inoltre allertate la “Banca Tessuti per Mammiferi”, diretta dal prof. Cozzi dell’Università di Padova, la direzione generale per la sanità animale del Ministero della Salute e gli “Istituti Zooprofilattici Sperimentali”, coordinati dalla dott. Casalone
Al momento attuale quattro animali hanno ancora parametri buoni vitali e mobilità mentre per gli altri tre si stanno accertando le condizioni.
Aggiornamento. Sono tre i capodogli morti dopo essersi incagliati nel bagnasciuga della spiaggia di Punta Penna a Vasto. Dei sette spiaggiati, uno e’ stato riportato al largo grazie all’intervento di numerosi volontari e della Guardia Costiera: le operazioni di soccorso, anche con l’ausilio di una gru, procedono ma le dimensioni e l’insabbiamento dei cetacei rendono difficile il salvataggio. Attualmente, quindi, c’e’ un capodoglio che giace nei pressi del piu’ grande quasi esanime.
E’ probabile che i capodogli si siano persi nel mar Adriatico: non e’ un fenomeno frequente, dal 1500 a oggi abbiamo contato una decina di casi, l’ultimo nel 2009. Faremo l’autopsia dei cetacei morti per capire i motivi del decesso”. E’ quanto ha dichiarato all’Agi telefonicamente Sandro Marzariol, coordinatore della task force del ministero dell’Ambiente che opera in questi casi, il Cert (Cetaceans Emergency Response Team). “Sono mammiferi stanziali nel mar Mediterraneo, vivono tra il mar Ligure e lo Ionio, arrivando a profondita’ anche di 3000 metri: quando entrano nell’Adriatico – ha spiegato – e’ come se finissero in un ‘cul de sac’ dal quale non riescono ad uscire. Quelli spiaggiati a Vasto con molta probabilita’ sono animali adolescenti, tra i 15 e i 20 anni, che si muovono in gruppo”, ha aggiunto Marzariol, ricercatore dell’universita’ di Padova che sta arrivando con il suo team in Abruzzo per analizzare il caso. “Si orientano con il sonar – ha detto – ed e’ plausibile che il segnale inviato in corrispondenza della spiaggia di Punta Penna sia stato assorbito e non restituito, facendo perdere il senso dell’orientamento ai cetacei. Le operazioni di salvataggio sono molto difficili perche’ una volta spiaggiati le possibilita’ di salvataggio sono molto poche, si tratta di animali tra i 5 e i 10 metri di lunghezza, dal peso di circa una tonnellata. Faremo un’autopsia dei cetacei morti, per indagare le cause del decesso, se dipendono da fattori interni, come supponiamo e come i precedenti spiaggiamenti ci portano a pensare, o da agenti esterni. Per i risultati occorrera’ un anno, sono animali molto grandi e poco conosciuti”, ha aggiunto Marziarol. Le analisi saranno effettuate in collaborazione con l’istituto Zooprofilattico di Torino.
Situazione aggiornata. Quattro capodogli sono stati liberati e trascinati in acque piu’ profonde dai soccorsi, mentre tre giacciono morti a riva davanti la spiaggia di Punta Penna a Vasto. Le operazioni di soccorso, condotte dalla Guardia Costiera con la decisiva e gratuita collaborazione di pescatori e volontari, almeno 50, hanno consentito di riportare quattro cetacei in acque piu’ profonde davanti il porto di Vasto. I capodogli a fatica stanno cercando di riprendere il largo, con l’aiuto delle vedette della Guardia Costiera che si frappongono tra loro e la riva per provare a spingerli in alto mare. “E’ un risultato straordinario, nel 2009 dei sette capodogli spiaggiati erano morti tutti – dice all’Agi Sandro Mazzariol, coordinatore della task force del ministero dell’Ambiente che si attiva in questi casi, il Cert (Cetaceans Emergency Response Team) – il fatto che questa volta si sia riuscito a riportarne quattro in mare e’ gia’ un grande risultato che aiutera’ a lavorare meglio nelle prossime ore”. I cetacei ora dovranno riprendere il largo e navigare verso sud per poter uscire dal mare Adriatico e tornare nello Ionio, dove si trova il loro habitat naturale, salvandosi cosi’ definitivamente. “Il pericolo e’ rappresentato dal mare davanti il Gargano, molto basso – spiega Mazzariol – dovranno essere aiutati per quanto possibile nella navigazione, sperando che si allontanino dalla costa”.
Smargiassi (M5S): Capodogli arenati a Punta Penna, colpa air-gun?
“Mi sono recato in mattinata sulla spiaggia di Punta Penna, per portare la mia testimonianza sullo spiaggiamento dei sette capodogli. Quattro di loro sono morti, uno di loro è stato rimesso in mare. Si tratta di un evento fuori dal comune che assomiglia a un fenomeno, di proporzioni ancora più tragiche, avvenuto nel 2008 in Madagascar: oltre cento balene si spiaggiarono sulle coste del nord est dell’isola. A 50 chilometri di distanza la Exxon-Mobit aveva eseguito operazioni di air-gun, una tecnica sismica di riflessione impiegata per individuare giacimenti petroliferi. Senza andare geograficamente così lontani, ricordo i sette capodogli spiaggiati e morti a Peschici nel dicembre del 2009 e, sempre in provincia di Foggia, il recentissimo episodio del piccolo delfino arenato a Marina di Lesina lo scorso 27 agosto. Come spiega la prof. Maria Rita D’Orsogna, l’air-gun consiste in ‘spari fortissimi e continui, ogni 5 o dieci minuti, di aria compressa che mandano onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione del sottosuolo. Spesso, però, questi spari sono dannosi al pescato, perché possono causare lesioni ai pesci, e soprattutto la perdita dell’udito’. Ecco cosa sta succedendo anche nel nostro mare Adriatico, con la petrolizzazione di Ombrina Mare e Rospo Mare”. Commenta il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Smargiassi, precisando di non essere “scienziati e non possiamo arrogarci il diritto di dirlo con certezza, ma da semplici cittadini ci sembra legittimo avere il dubbio che esista un collegamento fra la petrolizzazione e uno spiaggiamento così anomalo di cetacei, che come è noto usano un sistema di ecolocalizzazione basato sui suoni per orientarsi. Bisogna poi sottolineare che i capodogli di Punta Penna facevano parte di un gruppo di cetacei noto e monitorato: possibile che nessuno si sia accorto della loro perdita di rotta? Non si poteva fare nulla per impedire la morte dei capodogli? La responsabilità di quanto avvenuto a Punta Penna investe tutta la classe politica, nessuno può sentirsi escluso: è quindi opportuno cogliere questa triste occasione per invitare tutte le parti politiche a confrontarsi e collaborare per fermare l’avanzata delle trivelle nell’Adriatico, in modo da prevenire i danni all’ambiente e alla sua fauna (danni che presto o tardi si riversano anche su noi esseri umani), invece di essere costretti a intervenire a posteriori e in modo emergenziale, quando il guaio è già fatto ed è troppo tardi, come sta succedendo oggi a Punta Penna”.
“E’ triste vedere che sette meraviglie marine si siano arenate davanti ad una delle spiagge più belle d’Italia, quella della Riserva naturale di Punta Aderci. Spero ardentemente di riuscire a fare qualcosa per i capodogli ancora vivi. Stiamo allestendo il nostro coinvolgimento per una unità di competenze dedicate sia a gestire l’emergenza sia a capire le motivazioni e le concause dell’accaduto. Intanto voglio ringraziare dal profondo del cuore la Guardia Costiera e i volontari che si stanno prodigando per salvare i cetacei spiaggiati”. Lo ha dichiarato il Presidente di Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, che sta raggiungendo il luogo di quella che si configura come una vera e propria tragedia ambientale.
Sette capodogli spiaggiati nella riserva di Punta Penna nel Comune di Vasto, due dei quali morti subito, un altro a distanza di qualche ora, nonostante l’intervento dei soccorsi e la grande partecipazione attiva di molti cittadini intervenuti sul posto. Episodi non nuovi che riportano l’attenzione su una problematica che si ripete con una preoccupante frequenza sulle spiagge adriatiche e che, inevitabilmente, fa porre delle domande sulle cause di questi terribili episodi.
C’entrano le intense attività petrolifere che riguardano il mar Adriatico? Solo di fronte alle coste abruzzesi ci sono 2.615 kmq dati in concessione alle compagnie petrolifere per attività di estrazione e ricerca petrolifera e in totale nell’Adriatico centro meridionale ci sono oltre 12.290 kmq interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive.
Per capire se ci sono giacimenti si fa ricorso, tra le altre tecniche, a indagini sismiche con l’utilizzo di airgun. In sostanza, si sparano delle cannonate sonore da 280 decibel che rimbalzano sul fondale e vengono raccolte da dei sensori che in base all’eco prodotta rivelano se ci sono giacimenti. I cetacei hanno un udito molto sviluppato e queste bombe sonore arrecano loro un grave danno, con perdita dell’orientamento.
“L’imperativo che lanciamo – commenta il Presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco, – è quello di indagare a fondo sulle cause. Inoltre, ribadiamo con fermezza la palese impossibilità di coesistenza di modelli di sviluppo sostenibile con la deriva petrolifera, alla quale si vuole condannare il nostro mare. Continuare a parlare di estrazioni petrolifere non è solo una scelta folle di politica energetica, ma rischia soprattutto di disperdere la vera ricchezza del nostro territorio, ovvero il suo straordinario patrimonio naturalistico, storico e culturale.”
Bisogna fugare ogni dubbio sui nessi con la ricerca del petrolio, come ribadisce Gianfranco Pazienza, di Legambiente Puglia e assegnista di ricerca del Cnr-Ismar: “Bisogna capire bene quello che è successo – commenta – si deve interrogare l’Ispra e il Ministero dell’Ambiente per sapere se in questi ultimi 10-15 giorni siano state fatte attività di ricerca del petrolio con la tecnica dell’airgun. La legge consente questo genere di operazione solo se effettuato da personale specializzato, solo in questo caso l’operazione viene autorizzata. Bisognerà poi capire bene le condizioni dei cetacei spiaggiati, se erano digiuni e nel caso da quanto tempo e altri fattori per capire bene la situazione”.
Sono ormai certificati gli effetti dell’indagine attraverso airgun sulla fauna acquatica, in particolare sui mammiferi marini. Ci sono studi, infatti, che dimostrano come gli effetti si ripercuotano anche a 3mila miglia dalla sorgente, inducendo i cetacei a modificare il loro comportamento e arrecando gravi danni.
Anche l’Ispra afferma nel “Rapporto tecnico Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani” del maggio 2012 che i fattori antropici, come il rumore generato dagli airgun nel corso di attività sismiche, possono determinare nei capodogli l’impossibilità a orientarsi, e il loro successivo spiaggiamento. Oltre gravi danni anche sull’udito dei pesci e su altre specie marine, anche questi dimostrati ormai da numerosi studi e ricerche condotte negli ultimi anni, che Legambiente ha puntualmente ricordato e riportato anche nei documenti prodotti dall’associazione con le osservazioni ai diversi progetti presentati dalle compagnie petrolifere”.
“Sulla base di questi elementi – conclude Giuseppe Di Marco – riteniamo indispensabile e chiediamo agli enti competenti (Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico) di verificare se questi effetti sono stati considerati in fase di rilascio delle autorizzazioni, dove si stanno svolgendo questo tipo di ricerche e chiarire se e quali conseguenze queste abbiano avuto sull’episodio in particolare e quali ne potranno avere in futuro sulla fauna e sugli ecosistemi marini. Riteniamo una scelta assolutamente insensata e estremamente dannosa per l’ambiente marino quella di continuare a concedere aree per la ricerca e l’estrazione di petrolio, noncuranti delle gravi conseguenze ambientali che queste possono comportare. Tutto questo in nome di una presunta indipendenza energetica e di una subdola tesi di convivenza tra modelli di sviluppo che sono agli antipodi. Usciamo da questa farsa!”.
SALVI 4 CETACEI, PAOLUCCI : ‘PREMIATO L’IMPEGNO DEI SOCCORRITORI’
In merito al caso dei sette cetacei arenatisi sul litorale di Punta Penna, dei quali quattro non sono sopravvissuti nonostante l’impegno dei soccorritori, l’assessore Silvio Paolucci ha espresso soddisfazione per il felice esito dell’operazione di soccorso che ha impegnato, oltre a decine di volontari, i veterinari degli uffici della Asl Chieti-Lanciano-Vasto, l’Istituto Zooprofilattico “G. Caporale”, il centro cetacei di Padova e Comune di Vasto. Paolucci – che ha inviato sul posto l’Ufficio veterinario della Direzione Regionale Politiche della Salute – tiene anche a sottolineare il grande impegno dei volontari e delle volontarie della Protezione Civile che da questa mattina hanno lavorato ininterrottamente per restituire i mammiferi sopravvissuti alle profondità marine.