“L’iter per la realizzazione è andato avanti per qualche anno in totale silenzio” spiega meglio il movimento. “Oggi la volontà di un gruppo imprenditoriale svizzero, al quale partecipa con un 15% delle quote l’imprenditrice vastese Iacobucci, accelerata probabilmente dal timore di perdita di qualche incentivo statale, ha fatto parlare dell’argomento. Ecco, quel silenzio pluriennale è antidemocratico. La democrazia si esercita non solo con il voto, al quale la Iacobucci ha mostrato tutto il suo interesse aderendo, a pochi mesi dalle elezioni amministrative vastesi, alla lista Alleanza per Vasto, legata non solo per assonanza ad Alleanza per l’Italia di Rutelli. Il voto è “solo” uno strumento democratico. Più che di democrazia, che vorrebbe partecipazione popolare ai processi decisionali, si tratterebbe di una ricerca del consenso intorno ad intenzioni politiche personali o comunque particolari”.
Secondo il movimento, inoltre, un altro elemento che farebbe notare l’assenza di democrazia è quello che esso definisce “l’uso strumentale delle parole”. In parole più semplici, sembra che si insista sull’idea di una “centrale termoelettrica” con l’obiettivo di nascondere il fatto che si tratterebbe anche di una centrale nucleare. “Centrale termoelettrica” spiega, infatti, il movimento, “è un impianto che produce energia elettrica tramite un processo termico, ma se volutamente non si dice quale sia il processo ed il combustibile, è chiaro che si tenta di nascondere un elemento determinante. Centrale termoelettrica è anche, tanto per dire, una centrale nucleare. E pure se a queste due parole aggiungiamo “biomassa”, diventando così l’impianto una “centrale termoelettrica a biomasse”, è chiaro il tentativo mistificatorio della definizione, se non si vuol dire cosa sia quella biomassa, che per legge potrebbe essere: residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale; piante coltivate per scopi energetici; residui dal campo forestale. Ma biomasse sono considerate anche gli scarti di attività industriali come i trucioli di legno, scarti delle aziende zootecniche e (attenzione!!!) i rifiuti urbani”.
Considerando, continua nella spiegazione il movimento, che normalmente una centrale termoelettrica a biomasse riesce ad avere al meglio un rendimento energetico di poco superiore al 20% (il restante 80% è assorbito dall’impianto per il suo normale funzionamento), “preferiamo chiamare questo impianto con il suo nome reale, più semplice e più consono perchè quello che meglio descrive la sua attività: inceneritore. Ed a questo dobbiamo opporre forte e chiaro il nostro no”.