Chieti. Le associazioni ambientaliste ARCI, Costituente per il Parco, FAI, Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura e WWF intervengono nuovamente sulla paradossale situazione che si sta creando in relazione alla perimetrazione del Parco Nazionale della Costa Teatina, invocata da tantissimi abruzzesi che vedono nella green economy una concreta speranza per il futuro del territorio.
In un incontro con il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, il presidente D’Alfonso e i sindaci coinvolti nel Parco hanno invece sostanzialmente chiesto di tornare a una nuova e diversa perimetrazione, diversa da quella tracciata dal commissario De Dominicis, per “salvare” le scelte delle rispettive amministrazioni in materia urbanistica, sostenendo che non ci sono più “favorevoli” e “contrari” ma un corpo unico di amministratori locali. Potrebbe sembrare un risveglio dopo uno stallo di ben 15 anni se non fosse invece soltanto la manifestazione di una prima verità: la “cementificazione” cui evidentemente non si vuole rinunciare nonostante i tanti danni già fatti al territorio e alle sue potenzialità anche economiche.
A commento di questo appuntamento è intervenuto anche l’ex assessore regionale Febbo che scrive – sue testuali parole – “… il sottoscritto aveva già nel 2012 chiuso la perimetrazione del Parco, trovando un accordo con l’allora direttore generale Grimaldi del Ministero dell’Ambiente e quindi allontanare definitivamente l’insediamento di Ombrina Mare…” Quindi il “vero parco” avremmo potuto averlo in tempo utile per fermare la deriva petrolifera. Lo ha detto in forma condizionale lo stesso ministro Galletti nel rispondere a una interrogazione sul ruolo del Parco Nazionale della costa teatina contro il progetto Ombrina e lo dicono i fatti: a ogni rinvio relativo alla decretazione del Parco puntualmente segue un colpo a favore di Ombrina. Infatti: a marzo nel parere favorevole dell’AIA si dice che il Parco non produce effetti giuridici in quanto non perimetrato e decretato, a fine luglio salta la decretazione del Parco e ad agosto arriva il decreto del MISE su Ombrina; a settembre-ottobre si perde ancora tempo tra rinvii e annullamenti e il 9 novembre arriva la conferenza che prova a chiudere su Ombrina mentre i nostri amministratori gridano al sopruso ma come se nulla fosse pochi giorni dopo tornano a Roma per perdere altro tempo sul Parco. Questa seconda verità si chiama “petrolio!”
Poi ce ne una terza, la più triste, quella che tiene incatenata al palo la regione verde d’Europa, la regione che voleva essere di APE, del turismo verde, del progetto Bike to Coast, degli oltre 400 milioni di euro del PSR che punta al 20% di biologico, all’agricoltura sociale e di qualità, dei trabocchi e della pesca sostenibile. Questa terza verità si chiama “nanismo politico!”
Una politica incapace di raccogliere (e forse anche di vedere) le sfide di questo tempo, di innovare, di migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini, di mettere a frutto le vere risorse culturali, economiche, sociali e ambientali del territorio. La tragicommedia che va in scena in questi mesi è l’epilogo di un’ultima verità: “Una regione che dietro le responsabilità trasversali e la pochezza di tanti sta permettendo a pochi di violare la propria bellezza!”.
Di fronte a questa situazione le associazioni ricordano che il Ministero dell’Ambiente, incapace in 15 anni di chiudere la perimetrazione del Parco proprio perché prono di fronte alle resistenze di qualche amministratore locale, è stato commissariato, cioè espropriato delle potestà decisionali che non ha saputo usare. Il commissario De Dominicis non è stato nominato né dalla Regione, né dal Ministero dell’Ambiente né tantomeno dai sindaci, ma dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha già valutato e accettato il suo lavoro e DEVE ora semplicemente completare l’iter predisponendo il decreto di perimetrazione e sottoponendolo alla firma del presidente della Repubblica. Non esiste alcuna altra strada ed è ora che D’Alfonso e sindaci ne prendano finalmente atto.