Treglio. Il Comune di Treglio, con ricorso al Tar di Pescara, ha impugnato il provvedimento della Provincia di Chieti relativo all’aggiornamento dell’autorizzazione alle emissioni chiesto e ottenuto dalle società Sansifici Vecere Srl e Gestione Calore Treglio Sr (GCT) rispettivamente per il sansificio e la centrale a biomasse.
Le società sono, a livello di proprietà, legate tra esse.
“Il provvedimento della Provincia – spiega il sindaco di Treglio, Massimiliano Berghella – è stato adottato a seguito della richiesta delle imprese di modificare rispetto agli stabilimenti il quadro e i parametri delle emissioni in atmosfera. Il Comune ha ritenuto opportuno impugnare l’ok della Provincia, in quanto frutto di una istruttoria carente e per omessa valutazione di circostanze di fatto che erano conoscibili e che andavano considerate nell’ambito del procedimento amministrativo relativo all’aggiornamento delle autorizzazioni”. Ad esempio non è stato tenuto conto che gli impianti industriali sono oggetto di sequestro preventivo. Né sono state valutate le risultanze della consulenza tecnica disposta dalla procura della Repubblica di Lanciano, le cui conclusioni sono diverse rispetto a quelle di Arta e Provincia di Chieti.
“A tratti poi – riprende il primo cittadino – gli adeguamenti non rispettano le leggi in materia e capita anche che siano state chieste modifiche per procedimenti già concretamente attuati. In conclusione riteniamo che il provvedimento della Provincia di Chieti, oltre a comportare un peggioramento della qualità dell’aria, si fondi su una conoscenza parziale dei fatti”.
Anche una recente relazione tecnica commissionata dal Comune aveva messo in evidenza violazioni, inadempienze e lacune. Filtri mancanti nelle camere di combustione e che, nonostante i solleciti, sembra non siano mai stati installati; eccesso nelle emissioni di inquinanti, che è anche una delle ragioni del fermo degli impianti industriali da parte della magistratura; irregolare smaltimento e produzione eccessiva delle ceneri; Sov (sostanze odorifere) emessi in quantità eccessive.
“Nelle carte relative alle strutture – veniva ancora sottolineato -, ci sono notizie dell’importazione di sanse disoleate, destinate alla lavorazione, dal Nord Africa, attraverso il porto di Ortona, su cui nessuno ha mai effettuato controlli. Il Codice dell’ambiente e giurisprudenza acquisita prevedono invece che la sansa disoleata, per essere utilizzata, debba essere ‘un sottoprodotto dello stesso stabilimento’ ” . “Nessuno – si legge ancora nella relazione – si è mai preoccupato di accertare se nell’impianto sono stati o meno trattati rifiuti”. Il ricorso al Tar viene seguito dallo studio legale Picozzi Morigi di Roma.