Pescara. Si è svolto questa mattina, nell’Aula Magna della Facoltà di Scienze sociali dell’Università D’Annunzio di Chieti, il convegno dal titolo “Rischio Droga – Droghe a Rischio” organizzato e curato nell’ambito delle attività del Centro Universitario di Sociologia della Prevenzione del Disagio (C.U.S.P.D.) riguardanti la “Società dipendente”, promosso dalla Provincia di Pescara.
La prospettiva teorica che ha fatto da sfondo al Convegno si basa sulla considerazione che la tossicodipendenza viene universalmente definita come un disagio sociale e pertanto, gli interventi di sociologi e di altre figure professionali non direttamente coinvolte da un punto di vista medico o psicologico, o farmacologico trova la sua ragione proprio nelle dimensioni assunte dalle dipendenze patologiche che sono tali da chiamare in causa un numero estremamente alto e, in apparenza, sempre crescente di persone.
Nel corso dei lavori, ai quali ha assistito un folto pubblico, sono intervenuti docenti universitari e professionisti del settore che hanno potuto analizzare il fenomeno della tossicodipendenza in base alla loro esperienza sul campo che ha offerto spunti utili di riflessione alla platea, formata in larga parte dai ragazzi degli istituti superiori di Chieti e Pescara.
E’ stato quindi analizzato un problema sempre più d’attualità che coinvolge i giovani, e non solo, nell’ottica della sociologia che interviene nella prevenzione.
Una materia che studia la società e dovrebbe mettere a disposizione delle persone gli strumenti per affrontare determinate problematiche analizzando, in particolare, i meccanismi sociali che sono alla base dell’uso delle droghe.
“La dipendenza dalla droga” ha detto Benvenuti “è un effetto della nostra cultura ed è il comportamento umano che trasforma un pericolo in un rischio. Si tratta di una forma di relazione tra il singolo e la comunità. Alla base di tutto c’è il concetto di Società dipendente: la nostra società trasforma tanti aspetti in fattori di dipendenza, basti pensare al consumismo. Il rischio droga è un fenomeno collettivo e il nostro compito è capire il perché le sostanze usano il loro potere sulle persone. La dipendenza è qualcosa che espropria un individuo della capacità di gestire la sua volontà. In un certo senso si può parlare di non potere non volere. La prevenzione è la possibilità, dal punto di vista scientifico, di poter prevedere eventuali effetti dei nostri atti ed è lo strumento che permette alle persone di riappropriarsi della capacità di agire”.
Nel corso della mattinata hanno preso la parola anche il professor Costantino Cipolla dell’Università di Bologna e Gianni Cordova, presidente della LAAD di Pescara che, analizzando un mondo che conosce bene grazie alla sua grande esperienza, ha ricordato come “tra i vari fattori che inducono una persona a diventare tossicodipendente c’è la ricerca dell’onnipotenza. L’individuo si mette alla ricerca del migliore dei mondi impossibili. Dobbiamo insegnare ai giovani” ha proseguito Cordova “che le difficoltà di vivere non devono trasformarsi in un senso di impotenza”.
Un altro contributo di esperienza sul territorio è arrivato da Pietro D’Egidio, direttore del SerT. Di Pescara, che ha analizzato i dati del Ministero della Salute relativi alle cause di morti e ai fattori di rischio come fumare tabacco e l’abuso di alcol.
Parlando dei giovani D’Egidio ha sottolineato che non basta amplificare il senso di paura per fare prevenzione.
Gargano, ha invece fatto una breve analisi del fenomeno droga dal punto di vista della sociologia clinica.
“Nella nostra società esiste un’incapacità di decodificare, attraverso i propri sensi, l’ambiente in cui si vive. E’ quella che io chiamo infelicità ed è un momento in cui si sente il bisogno di dissolvere questa condizione, magari attraverso lo sballo e l’uso di sostanze ma non solo. Negli ultimi tempi si stanno sviluppando nuove pericolose pratiche come quello del soffocamento, choking game, che risponde ad un’esigenza di scioccarsi per poter sognare. Il nostro compito è quello di formare degli operatori, che possono essere docenti e genitori, che aiutino i giovani a gestire la dissolvenza dei sensi e dobbiamo favorire la possibilità di offrire alla società strumenti concreti per intervenire”.