Gentile direttore, vorremmo esprimere il nostro profondo disappunto, nel merito e nel modo in cui è stato pubblicizzata l’attività del servizio IVG del P.O. di S. Omero e proporre nel contempo, se ce lo consente, alcuni spunti di riflessione.
Nelle considerazioni si legge che “Questo metodo (l’aborto farmacologico) rappresenta un vantaggio per tutti: è meno traumatico e invasivo per le pazienti e meno dispendioso per la Asl, perché non c’è necessita di intervento chirurgico”. Viene spiegato poi come le pazienti prendono una pillola e, pur dovendo essere ricoverate per legge, “di norma, una volta assunto il farmaco, lei pazienti firmano ed escono subito.”Da tale articolo, sembrerebbe che abortire è facile come prendere una pasticca e che la nostra ASL favorisca tale percorso presentando l’aborto farmacologico come un metodo per battere cassa!Ci sarebbe piaciuto leggere, invece, che le donne prediligono i nostri ospedali per poter partorire in sicurezza e serenità, per la professionalità e l’accoglienza del personale, di un cospicuo incremento delle nascite in un paese di vecchi, come l’Italia.Oltretutto, si rileva che l’elevato numero di medici obiettori dimostra una naturale preferenza per quella vita che, attraverso il Giuramento di Ippocrate, si sono impegnati a difendere e tutelare. Non facendo mai venir meno l’adeguata attenzione per le donne che vivono il dramma dell’aborto, sarebbe auspicabile, invece di una campagna dogmatica di delegittimazione degli obiettori, un significativo impegno mirato alla prevenzione post-concezionale dell’IVG, con una reale presa in carico del concepito e della donna, per rimuovere le cause che la indurrebbero alla scelta abortiva.Ci domandiamo che segnale vogliamo trasmettere, soprattutto ai nostri giovani, in questo mondo così distratto, valorialmente confuso e spesso indifferente alla sofferenza, dove si impone ogni giorno di più una reale emergenza educativa?La nostra totale opposizione a quanto pubblicato non nasce da un dogma confessionale ma dal rispetto della legge; l’articolo infatti pone in evidenza la semplicità con la quale si può ricorrere all’aborto farmacologico, esaltandolo inoltre come mezzo per aumentare gli introiti della ASL.Con il definitivo via libera alla RU486 assistiamo all’ultimo atto di una progressiva banalizzazione dell’aborto sottacendo i dati scientifici sperimentali e clinici che ne documentano i pesanti effetti collaterali e i gravi rischi per la salute della donna.E’ assolutamente necessario indirizzare sforzi congiunti per una vera cultura dell’accoglienza pre e post concezionale, attraverso un’opera capillare di prevenzione e di formazione incentrata, tra l’altro, sull’educazione della sessualità e all’affettività. Infine, il significativo e prevedibile ricorso alle dimissioni volontarie dopo l’uso della RU486, dimostra chiaramente il diffondersi della cultura della privatizzazione dell’aborto e la sua invisibilità sociale. Infatti, come chiaramente si evince nell’articolo citato, la gran parte delle donne che ha fatto ricorso all’aborto chimico ha preferito firmare le dimissioni e consumare tutte le fasi abortive nella drammaticità della solitudine.In definitiva spiace che questa pratica clinica sia pubblicizzata con vanto, anche come strumento efficace per ridurre la mobilità passiva della nostra ASL. Ciò non può essere motivo di gloria, a prescindere da qualsiasi appartenenza politica o religiosa.
ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI