Il settore delle costruzioni in Abruzzo rappresenta, in termini di investimenti l’11,1% del PIL regionale ed in termini di occupazione il 24,1% degli addetti nell’industria e il 7,1% dei lavoratori operanti nell’insieme dei settori di attività economica.
La pandemia è stata una vera e propria doccia fredda perché ha indebolito fortemente il lieve aumento degli investimenti in costruzioni dopo una lunga e pesantissima crisi, in atto dal 2008, che aveva ridotto i livelli produttivi di circa un terzo. Tra il 2008 ed il 2018 sono uscite dal mercato circa 4mila imprese di costruzioni ( – 25,7%). Attualmente, ne risultano sopravvissute 11.335 con una dimensione media di 2,9 addetti.
Per quanto riguarda l’occupazione, nel 2018, dopo dieci anni di crisi, il settore registrava 41.400 lavoratori, tra dipendenti ed autonomi, con un dato più basso del 2008 che riportava circa 47mila lavoratori. La lieve ripresa occupazionale del 2019 è arrestata dalla crisi sanitaria con una diminuzione di ore lavorate del – 14,5% ed un – 2,2% di lavoratori dipendenti. Per l’Abruzzo è stimato un calo degli investimenti in costruzioni nel 2020 del – 9,7% in termini reali nel confronto con l’anno precedente a causa delle misure di isolamento di contrasto all’emergenza sanitaria, in coincidenza con i periodi di maggiore recrudescenza del virus.
I dati ISTAT relativi ai permessi di costruire riferiti all’edilizia residenziale e non ritornano nel 2019 a registrare variazioni negative interrompendo la dinamica in ripresa dal 2016. In particolare, il numero di permessi SCIA e DIA ritirati nel 2019 ha una flessione del 29% ( in Italia + 0,6%) con una perfomance particolarmente negativa del nuovo. Per l’edilizia non residenziale, si registra un significativo calo del – 13,7% su base annua, in termini di nuovi volumi concessi. La pandemia ha condizionato anche il mercato immobiliare residenziale con una flessione del – 22,3% del numero delle abitazioni compravendute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il dato del trimestre estivo del 2020, con un recupero delle transazioni, non è sufficiente ad invertire la tendenza negativa. L’emergenza sanitaria ha inciso sul comparto delle opere pubbliche con pesanti rallentamenti delle iniziative in corso e di quelle in programma e conseguente ridimensionamento dei segnali di ripresa registrati già nel 2019 e dopo il punto di minimo raggiunto nel 2017. Nel 2020 i bandi di gara per lavori pubblici nella Regione Abruzzo hanno avuto una contrazione del 28,7% in numero ed una crescita del 15,4% in valore, rispetto all’anno precedente. Di fronte a questo scenario, diventa centrale la capacità di realizzare gli investimenti in infrastrutture che sono ad alta incidenza di manodopera e danno occupazione immediata.
In Abruzzo possiamo fare qualcosa di significativo. Occorre fare ogni sforzo per aprire nuovi cantieri, affiancando alle nuove infrastrutture un programma di manutenzione, attingendo a tutte le fonti di finanziamento disponibili, senza dimenticare la mole di risorse non spese, per svariati motivi, e ferme in cassa. La sfida attuale è indirizzata all’impiego delle ingenti risorse europee che riguardano, in gran parte, interventi di diretto interesse per il settore delle costruzioni e rappresentano l’opportunità per riportare il Paese su un sentiero di crescita stabile secondo obiettivi di transizione verde e digitale. Un importante effetto atteso del PNNR è l’aumento del benessere e la riduzione delle disuguaglianze, con particolare riferimento alle aree interne.
Per poter sfruttare al massimo le opportunità, spendendo le risorse nei tempi richiesti, servono nuove norme procedurali che riducano drasticamente i tempi biblici della pubblica amministrazione. Anche in tal senso, andrebbe potenziato al massimo il SUPERBONUS che rappresenta una via di impiego di fondi pubblici efficace, spedita e misurabile in termini economici, ambientali, sociali e culturali e che, tra l’altro, supera la cronica incapacità di spendere le risorse da parte della pubblica amministrazione.
Il SUPERBONUS, pur rappresentando un valido strumento di sviluppo sostenibile, ammodernamento e messa in sicurezza del territorio, sconta tuttora incertezza sulla durata dei benefici ed eccessive difficoltà burocratiche, che ne limitano drasticamente la diffusione. Di fronte alle opportunità da cogliere , tanto nel settore pubblico che nel privato, si riscontrano le medesime difficoltà da addebitare ad un sistema normativo e procedurale ingessato. In tale contesto, manifestiamo apprezzamento per il progetto di legge approvato dal Consiglio Regionale della Regione Abruzzo denominato “Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali” che mira a favorire il servizio all’utenza sia in termini di esito positivo della ricerca sia in termini di celerità del ritrovamento della pratica ed auspichiamo il più celere avvio operativo della procedura.
Il nostro comparto reclama questo tipo di riforme a costo zero, in termini di semplificazione burocratica, ha bisogno della promozione di un sistema di governance basato su responsabilità chiare, con una catena decisionale ben definita, tempi contingentati ed eliminazione di sovrapposizioni e doppi passaggi normativi e procedurali. Questo non significa auspicare una deregolamentazione del settore, con soluzioni semplicistiche, tanto che come ANCE abbiamo espresso giudizi cauti anche sul Decreto Semplificazioni perché è nostro interesse garantire stabili opportunità di lavoro trasparenti e percorribili da parte dell’intero sistema delle nostre imprese. E’ innegabile, però, il fallimento di un impianto normativo e regolamentare che non favorisce gli investimenti, impoverisce il tessuto produttivo e, quindi, il sistema economico e sociale.
Il primato conseguito consiste, purtroppo, nel fatto che le opere pubbliche sono sommerse da leggi, si tratta di una legislazione senza fine: 500 provvedimenti dal 1994 ad oggi! Un dossier lungo 45.520 pagine, che si sviluppa in oltre 136 chilometri di carta! La legislazione in materia di appalti è aumentata a un ritmo crescente. Si è passati in media da circa 8 provvedimenti l’anno negli anni ’90 ai quasi 30 nell’ultimo decennio. In questo scenario, di urgenza ed emergenza, non è credibile, allora, invocare interventi organici, che sono da perseguire con tempi adeguati che garantiscono anche la partecipazione attiva delle forze economiche e sociali, e risulta utile ricorrere, tra l’altro, anche al sistema dei commissari. Le procedure ordinarie hanno mostrato tutta la loro debolezza tanto nella programmazione ordinaria che negli interventi straordinari, non a caso nella ricostruzione pubblica post sima del 2016, nel Centro Italia, dopo anni di mancato avvio dei lavori, il Commissario Straordinario Legnini ha inserito, da ultimo, la possibilità per gli enti attuatori di ricorrere a Commissari.
Nella ricostruzione post sisma 2009, a L’Aquila e nel Cratere, la ricostruzione pubblica , in assenza di soluzioni ad hoc, continua a registrare ritardi inaccettabili. In questo periodo, inoltre, si rileva la grande opportunità di rispondere alla sfida della prossima programmazione dei fondi europei, arricchiti dalla risorse del recovery fund, che comporteranno la gestione di risorse pari a cinque volte tanto quelle di una programmazione standard! Dobbiamo essere capaci di trasformare le opportunità in benessere concreto alimentando lo sviluppo imprenditoriale che è capace di moltiplicare le risorse a valere su progetti di lungo respiro e non investire su programmi che finiscono allo scadere dei contributi. Non è tempo di difendere posizioni ideologiche o di allarmarsi per attribuzione di poteri in deroga a commissari, il vero scandalo è rappresentato dal fallimento di un sistema che non ha assolto al ruolo indicato, in termini di funzionamento del comparto, con ripercussioni negative sull’economia e sull’occupazione.
Per immaginare l’impatto delle nuove risorse, in particolare, sui livelli occupazionali basta riflettere sul fatto che le stesse determinerebbero un aumento di diecimila lavoratori all’anno riportando i livelli, almeno, a quelli del periodo pre-crisi. Il rischio attuale è quello di non saper cogliere, in tempo utile, le opportunità che vengono offerte condannando il territorio ad un declino inesorabile. Se è vero che l’istituto dei commissari costituisce la certificazione più cristallina del fallimento delle norme esistenti è altrettanto innegabile la necessità di dover far fronte ad una situazione di tale emergenza che non consente ulteriori rallentamenti e richiede decisioni straordinarie. Come a dire che, in attesa della cura, non possiamo rifiutare il vaccino.