Cambiamenti climatici. Mazzocca: che fine ha fatto il piano regionale di adattamento?

Negli ultimi mesi la stampa nazionale ha finalmente intensificato l’informazione sugli effetti dei cambiamenti climatici, complici alcuni eventi macroscopici.

 

Dallo scioglimento di 11 miliardi di tonnellate di ghiaccio in un solo giorno (Groenlandia), agli oltre 400 incendi che stanno devastando le grandi foreste del Nord (in Siberia, Alaska e Canada, starebbe bruciando una superficie di circa 130mila Kmq – pari al territorio della Grecia) e immettendo in atmosfera grandi quantità di CO2, all’assalto alle risorse amazzoniche (con l’avvento di Bolsonaro l’immensa foresta ha perso 3.444 Kmq di alberi, con un aumento della superficie disboscata annua pari all’88%, più di 3 campi di calcio al minuto). E mentre l’UE definisce lo scorso luglio come il mese più caldo da oltre un secolo, a breve territori densamente popolati saranno invivibili a causa del global warming e un quarto della popolazione mondiale rimarrà senza acqua. Facile ipotizzare come il cambiamento climatico destabilizzerà la geopolitica nel breve termine.

 

La tempistica non è più da ‘orologio geologico’. La terra ha circa 4.550 milioni di anni e la comparsa dei primi ominidi risale a 2 milioni di anni fa. Se con un audace e semplice esercizio algebrico proviamo a rapportare la vita umana alla scala di 1 secolo, noi esistiamo da 8 ore, la rivoluzione industriale è iniziata 2 minuti fa, e in questo tempo abbiamo distrutto il 55% delle foreste del pianeta. E mentre i governi ancora discutono su chi deve (o non deve) fare cosa per ridurre sensibilmente le emissioni in atmosfera, che valore può avere l’azione a livello locale? Altissimo, ritengo!

È ormai indubbio che i cambiamenti climatici rappresentano attualmente la più grande sfida che istituzioni e popolazioni sono chiamati ad affrontare. L’azione per farvi fronte è duplice e comporta la messa in campo di politiche complesse e integrate. Da un lato, contrastando le cause dell’innalzamento delle temperature globali mediante interventi di mitigazione capaci di ridurre realmente le emissioni di gas-serra. Dall’altro, predisponendo piani di adattamento in grado di minimizzare gli impatti dei cambiamenti climatici a livello locale e sostenere le capacità resilienti dei territori. Su tale ultimo punto, centrale è il ruolo dei governi territoriali e, in particolare, regionali. Analizziamo il caso dell’Abruzzo.

Il territorio regionale è caratterizzato dalla più alta diversità climatica dell’Italia peninsulare, da una elevata vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici e dalla necessità di accelerare sul tema delle ‘compensazioni ecosistemiche’; fin dal 2015 e partendo da zero, il Governo abruzzese si impegnò, a varare il proprio Piano Regionale di Adattamento (PACC) avviando la stesura del ‘Profilo Climatico’ (propedeutico al Piano e presentato nel giugno 2017) ed affidando la sua elaborazione ed il coordinamento del necessario processo partecipativo al Dipartimento ‘Disputer’ dell’Università ‘G. D’Annunzio’ ed al ‘Centro Documentazione Conflitti Ambientali’.

La fase partecipativa infatti, rappresenta un punto dirimente nelle opzioni di adattamento e che l’Abruzzo ha svolto in maniera ampia e articolata fino a tutto il novembre scorso. Diverse le fasi salienti: dal contributo fornito alla ‘Strategia Nazionale di Adattamento’ del Ministero dell’Ambiente (giugno 2015), alla partecipazione attiva -in delegazione nazionale- ai lavori delle COP20 (Lima 2014), COP21 (Parigi 2015) e COP22 (Marrakech 2016); dalla sottoscrizione del protocollo internazionale “Under 2 MoU” (Memorandum of Understanding on Subnational Global Climate Leadership), al vero e proprio ‘Processo Partecipativo’ avviato con il’World Wide Views on Climate and Energy’ (la consultazione planetaria su clima ed energia tenutasi a Chieti il 6 giugno 2015, con il coinvolgimento di 120 abruzzesi in collegamento con 75 nazioni per 96 dibattiti fra 10.000 cittadini e la discussione in tempo reale con Regione Toscana -unico partner italiano-, Mauritania, Nigeria e municipalità di Parigi, proseguito con decine di incontri sull’intero territorio regionale con tutte le parti interessate e concluso con un focus di approfondimento sul tema delle “Risorse finanziarie per l’azione del clima a livello regionale” organizzato a Bruxelles il 19 settembre 2017 dalla Commissione Europea delle Regioni.

Mettendo a frutto i risultati di tale processo, con l’approvazione (DGR n.860 del 13 novembre 2018) del “Profilo Climatico” e delle “Linee Guida del Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici”, costituenti la stesura preliminare del “PACC”, la Regione Abruzzo concluse definitivamente la ‘1A Fase’ adottando il proprio”Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici”. Restava da ultimare la ‘2A Fase’ con la sua definitiva approvazione, resa possibile anche grazie allo stanziamento effettuato (su mio emendamento) in sede di Finanziaria Regionale 2019.

Oggi la domanda sorge spontanea: ma che fine ha fatto?”

Mario Mazzocca – Presidente Associazione ‘Rete Abruzzo’

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