No all’attivazione dei Tfa speciale (PAS): appello dei corsisti ordinari ai Rettori di Chieti e L’Aquila

notfaspecialeChieti. “Le Università abruzzesi difendano il merito e non attivino i Tfa speciali”: è l’appello che gli iscritti al TFA Ordinario dell’Università di Chieti e Pescara rivolgono al Magnifico Rettore, Carmine Di Ilio, al pari grado dell’ateneo aquilano Paola Inverandi e a tutti i docenti, molti dei quali già in passato si sono dimostrati attenti alla causa, sottoscrivendo l’appello dell’Adi (Associazione Docenti Italiani).

 

I Tfa speciali, ora denominati PAS (Percorsi Abilitanti Speciali), si svolgeranno nelle università italiane senza alcuna selezione dei candidati. Gli iscritti al percorso ordinario abilitante all’insegnamento nelle scuole superiori di primo e secondo grado chiedono dunque ai rettori abruzzesi una presa di posizione precisa, evitandone l’attivazione nei rispettivi atenei.

“Quella che chiediamo di portare avanti è una battaglia sul merito, contro le scelte del MIUR che, ancora una volta, dimostra di non tenere contro dei sacrifici e dell’impegno affrontati dai corsisti del Tfa ordinario da più di un anno a questa parte. Per poter accedere al percorso abilitante – spiegano i corsisti del Tfa ordinario dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara – abbiamo dovuto sostenere tre prove selettive durissime. A partire dal mese di febbraio poi lezioni quotidiane e mille difficoltà per coniugare impegni familiari e lavorativi; in tanti al lavoro a scuola e non solo lo hanno perso. E poi esami, spesso anche più duri di quelli previsti nel percorso universitario. E in questi giorni, subito dopo l’esame finale abilitante, il Ministro Maria Chiara Carrozza ci ha consegnato il regalino, già ideato dal predecessore Profumo, dei Tfa Speciali: l’ennesima occasione per chi non ha voluto, potuto o semplicemente non è riuscito, perché sempre bocciato nelle prove selettive, ad abilitarsi o a vincere il concorso a cattedre. E noi che abbiamo scelto e guadagnato l’accesso al percorso ordinario ci troviamo con un pugno di mosche in mano e duemilacinquecento euro in meno nelle tasche (a tanto ammonta – euro più euro meno – il costo per la frequenza del Tfa). L’abilitazione non potrà essere spesa per il prossimo anno scolastico, ma solo a partire dall’a.s. 2014/2015, quando ci sarà consentito l’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie per il conferimento di incarichi di supplenza; ma a quel punto la stessa fascia sarà invasa dagli “speciali”, prodotto dell’ennesimo condono che segna la storia delle scuola in Italia e per noi le speranze di un incarico, di una supplenza saranno praticamente azzerate. Non ci si dica che stiamo alimentando una “guerra tra poveri”. Noi non vogliamo nessuna guerra, ma solo un paese ed una scuola che valorizzino la meritocrazia e non i furbi o i fortunati. Politici e sindacati hanno fatto fronte comune per sostenere l’ennesima vergognosa sanatoria che aprirà le porte della scuola ad un esercito di 100 mila aspiranti docenti, immaginando già pioggia di voti e tessere. Noi che per il percorso abilitante non abbiamo aspettato regali, noi che il percorso abilitante lo abbiamo conquistato con il nostro merito, noi che non possiamo contare sulla forza dei numeri (in Italia non siamo neanche 11 mila e in Abruzzo, tra Chieti, Pescara e L’Aquila, arriviamo sì e no a 500), facciamo però appello a chi vive e crede nel mondo della scuola; facciamo appello docenti delle scuole superiori, ai loro colleghi universitari e al Magnifico Rettore Di Ilio, al pari grado dell’ateneo aquilano Paola Inverandi, affinché impediscano che queste ennesima negazione del merito si compia. Lo chiediamo in difesa della tanto decantata deontologia professionale, in nome di una professione che mantenga degli standard soddisfacenti nella didattica, nelle metodologie, nelle competenze e nelle conoscenze. Chiediamo di difendere la scuola e il lavoro pubblico in Italia. Perché nessuna azienda assume un dipendente perché è stato precario per tre anni, ma soltanto se lo merita; la scuola, invece, sì. Senza preoccuparsi – concludono – di chi andrà a formare i futuri cittadini italiani e non”.

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