Pescara. Una montagna fatta di imposte, tasse, addizionali e balzelli vari. E’ quella che ogni anno devono scalare le imprese italiane e abruzzesi per accontentare gli appetiti del vorace “socio occulto” che staziona in azienda: quel Fisco che si manifesta volta per volta sotto le vesti del Comune, della Regione, dello Stato.
Una montagna di soldi da tirare fuori, che tradotta in giorni del calendario e reddito disponibile, permette a un piccolo imprenditore insediato con la propria attività in uno dei dodici maggiori centri d’Abruzzo, di cominciare a lavorare finalmente per sé e per la propria famiglia solo dall’inizio di agosto: ne salta fuori una graduatoria in cui va meglio alle imprese che operano a Lanciano, Spoltore e L’Aquila, decisamente peggio per quelle insediate a Montesilvano, Roseto e Sulmona.
Si presenta così la ricerca annuale messa a punto da Claudio Carpentieri e presentata ieri a Roma per il Centro studi nazionale della Cna, che già nel nome (“Comune che vai, Fisco che trovi”) presenta la sua ragione sociale: “Tax Free Day”, ovvero il fatidico giorno in cui ci si libera dalle ganasce fiscali: una ricerca che per l’Abruzzo ha analizzato la pressione esercitata nei quattro comuni capoluogo (Chieti, L’Aquila, Pescara, Teramo), ma anche nei due centri più grandi di ciascuna provincia: Avezzano, Sulmona, Lanciano, Vasto, Montesilvano, Spoltore, Roseto e Giulianova.
Il complesso studio di Carpentieri mette a confronto, comune per comune, il peso globale della tassazione applicato a una impresa standard – con 431mila euro di ricavi, costo del personale per quattro operai e un impiegato fissato a quota 165mila euro, costo del venduto per 160mila euro, costi ed ammortamenti vari per 56mila euro, reddito d’impresa da 50mila euro – con tutte le diverse forme di tassazione esistenti: Imposta municipale unica (Imu) e Tributo per i servizi indivisibili (Tasi), Imposta regionale sulle attività produttive (Irap), contributo Ivs, Imposta sul reddito della persona fisica (Irpef e Iri), addizionale regionale e comunale Irpef.
Un bouquet di balzelli che finisce per decretare in modo oggettivo il peso del Fisco nei dodici comuni esaminati nel 2017, ma anche per fissare la data precisa della festa di liberazione dalle tasse, che per la cronaca cade a livello nazionale il 10 agosto, con comuni virtuosi ovviamente al di qua, meno virtuosi al di là.
Ed eccola allora questa graduatoria, secondo ovviamente un ordine di minor pressione fiscale: Lanciano (1 agosto; percentuale totale di pressione fiscale pari al 58,6%; reddito disponibile pari a 22.495 euro); Spoltore (1 agosto; 58,6%; 22.453); L’Aquila (1 agosto; 58,7%; 22.387); Teramo (4 agosto; 59,4%; 22.064); Vasto (5 agosto; 59,7%; 21.854); Avezzano (5 agosto; 59,8%; 21.811); Chieti (9 agosto; 60,7%; 21.416); Giulianova (12 agosto; 61,7%; 20.819); Pescara (14 agosto; 62,1%; 20.715); Montesilvano (20 agosto; 63,8%; 19.783); Roseto (22 agosto; 64,4%; 19.363); Sulmona (23 agosto; 64,8%; 19.132).
A conti fatti, tra un’impresa con sede a Lanciano e una con sede a Sulmona corrono ben 22 giorni di differenza nella celebrazione della festa della liberazione dal Fisco, con oltre sei punti percentuali di maggior pressione fiscale, ma soprattutto con più di 3mila euro di differenza nel reddito disponibile per l’imprenditore. Con tutti gli altri centri sospesi nel mezzo di questi valori limite.
Insomma, tutto tranne che dettagli, soprattutto in epoca di crisi, di contrazione del credito, flessione del mercato interno ed effetti della globalizzazione, in cui la concorrenza e la capacità di competere si giocano talvolta anche su dettagli e differenze di pochi spiccioli: ed è facile immaginare la reazione di una micro impresa abruzzese (su questo punto davvero senza grandi distinzioni tra comune e comune) nello scoprire che a Trento, migliore città della graduatoria nazionale, la data del “tax free day” sia fissata al 16 luglio, con una pressione fiscale complessiva del 54,1%.
Enorme in assoluto, a conferma di una anomalia tutta italiana, ma bazzecole però se rapportata a quella dei malcapitati imprenditori abruzzesi. Tutto ciò senza voler gettare l’occhio oltre confine, per scoprire che in Europa la tassazione media è fissata intorno al 40%, valore che genera un gravissimo handicap verso i competitori stranieri.
I numeri, si sa, possono però essere guardati da diverse angolazioni, scoprendo così che esistono anche altre chiavi di lettura; chiavi che magari stemperano alcune differenze che il primo impatto propone.
Avviene, ad esempio, per la variazione percentuale nel peso della pressione fiscale tra 2016 e 2017: con tutti e dodici i comuni abruzzesi esaminati pronti a ritoccare poco virtuosamente verso l’alto le percentuali, anche se con valori generalmente modesti, visto che sono tutti compresi tra lo 0,2 e lo 0,3%.
Differenze che diventano invece più nette e marcate se il paragone corre con il 2011, anno fissato dallo studio di Carpentieri come riferimento per un confronto di medio periodo: si scopre così che in Abruzzo appena due dei dodici comuni hanno messo mano alle forbici, riducendo la pressione fiscale sulle rispettive imprese: Teramo con -1,1% e Vasto con lo 0,5%.
Con tutti gli altri, al contrario, votati al rincaro della pressione, con oscillazioni percentuali minime (è il caso dello 0,6% dell’Aquila) ma pure autentiche “mazzate”, come quelle riservate da Pescara e Roseto con ben il 3,4% in più.