Pescara. In Abruzzo ”vengono negate cure con cannabis terapeutica sulla base di una norma abrogata: un comma inesistente viene usato per disapplicare una legge in vigore.
Questa mattina nell’audizione presso la commissione di vigilanza del Consiglio Regionale dell’Abruzzo ho mostrato la palese illegittimità del decreto attuativo di Paolucci e D’Alfonso”.
Lo dice Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC-SE ex-consigliere Regione Abruzzo.
”Mi aspettavo – prosegue – che di fronte all’evidenza l’assessore alla sanità accettasse il mio invito a revocare il provvedimento. Ho dovuto purtroppo constatare che Paoucci non solo è responsabile della mancata attuazione della legge ma ha anche la faccia tosta di negare l’evidenza. D’Alfonso invece di firmare a scatola chiusa, si legga le carte e provveda.
E’ assurdo che ai pazienti vengano negate cure o che finiscano in galera – come Fabrizio Pellegrini – a causa di politici superficiali e pure arroganti. Con pazienza gandhiana stamattina mi sono recato a L’Aquila per l’audizione in Commissione di Vigilanza che avevo richiesto tempo fa al Presidente Mauro Febbo che ringrazio di aver accolto”.
”In qualità di promotore della legge regionale sulla cannabis terapeutica, unanimemente considerata dagli esperti la più avanzata in Italia, ritenevo indispensabile far presente alcuni elementi incontrovertibili ai consiglieri regionali e all’assessore alla sanità in una sede che consentisse il confronto testi alla mano e non attraverso dichiarazioni a distanza – prosegue – Ho dovuto constatare da parte dell’assessore Paolucci un’ottusa difesa dell’indifendibile rispetto alla quale non posso che auspicare un ravvedimento operoso da parte della Giunta e della maggioranza che la sostiene.
Ho dimostrato che il decreto del commissario alla sanità D’Alfonso e dell’assessore Paolucci è in contrasto palese con la legge in vigore”.
LA REPLICA DI PAOLUCCI
L’assessore alla Sanità, Silvio Paolucci, in replica alle dichiarazioni del segretario nazionale del PRC-SE, Maurizio Acerbo, sulla vicenda Cannabis, scrive quanto segue.
“E’ molto grave quanto affermato da Acerbo. La Regione Abruzzo non nega cure a base di cannabis terapeutica ma, così come si procede usualmente per ogni farmaco di alta complessità terapeutica, ne ha disciplinato l’uso stabilendo le regole che disciplinano la prescrivibilità e la rimborsabilità a carico del SSR.
Non appare superfluo rammentare che la LR 4/2014, della quale si invoca l’innovatività, prevedeva espressamente (art. 2, comma 2) che i medicinali cannabinoidi possono essere prescritti, con oneri a carico del SSR, da medici specialisti del SSR e da medici di medicina generale del SSR, sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista. La L.R. n. 4/2014 prevedeva, inoltre, all’art. 7 che venissero emanati dalla Giunta Regionale provvedimenti finalizzati a garantire omogeneità di comportamenti su tutto il territorio.
Il Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015, inoltre, prevede espressamente tra i compiti delle Regioni la definizione delle indicazioni aI fine della rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Regionale (SSR).
Il Decreto del Commissario ad acta n. 109/2016 di cui si chiede la revoca – peraltro validato dal tavolo di monitoraggio ministeriale – è perfettamente legittimo nonchè opportuno in quanto non fa altro che fornire regole per il medico prescrittore sulla base di evidenze scientifiche, così come usualmente si fa in caso di farmaci sottoposti a prescrizione limitativa, di alto impegno terapeutico o la cui efficacia non è ancora validata o ancora di particolare impegno economico per il SSR.
Prevederne l’ambito di prescrizione e gli ambiti ed i criteri di rimborsabilità e quindi di gratuità ovvero a carico del sistema sanitario regionale, è un modus operandi che riguarda ogni percorso terapeutico. Obiettivo del DCA n. 109/2016 è definire le attività connesse alla prescrizione e alla fornitura dei medicinali a base di cannabis sul territorio regionale in attuazione della Legge regionale 4/2014 e del Decreto del Ministero della Salute 9 novembre 2015.
Non si capisce come si faccia scientificamente a sostenere che l’eleggibilità e la rimborsabilità debbano esserci per i malati di epatite C (vedi le limitazioni prescrittive poste dall’Agenzia Italiana del Farmaco nelle Determinazioni di Autorizzazione all’Immissione in Commercio dei farmaci ed i criteri posti per l’eleggibilità dei pazienti) e non esserci per chi vuole qualsiasi altro trattamento farmaceutico.
Rammento in proposito che l’allegato tecnico al Decreto Ministeriale contiene al punto 3 le disposizioni relative all’appropriatezza prescrittiva e al punto 4 sull’uso medico della cannabis.
L’allegato tecnico al Decreto Ministeriale recita testualmente che “Gli impieghi di cannabis ad uso medico sono presenti in studi clinici controllati, studi osservazionali, nelle revisioni sistematiche e nelle metanalisi della letteratura internazionale indicizzata.
I risultati di questi studi non sono conclusivi sull’efficacia dell’uso medico della cannabis nelle patologie sotto indicate, le evidenze scientifiche sono di qualità moderata o scarsa, con risultati contraddittori e non conclusivi, mancano, inoltre, dati a supporto di un favorevole rapporto rischio/beneficio per la cannabis, tuttavia vi è l’indicazione a proseguire nelle ricerche per ottenere evidenze definitive.
In considerazione delle evidenze scientifiche fino ad ora prodotte, che dovranno essere aggiornate ogni due anni, si può affermare che l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali”.
Preciso che il DCA n. 109/2016 non è stato redatto da “burocrati” o “politici arroganti e superficiali” ma è stato elaborato con il supporto dei massimi esperti regionali nell’HTA e nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, avvalendosi della letteratura scientifica disponibile e pubblicata su fonti autorevoli.
La posizione che esprime Acerbo è priva di un qualificato riconoscimento scientifico; se l’intento è quello di liberalizzare le droghe leggere, su questo punto deve intervenire un norma nazionale che non ha nulla a che vedere con una norma di tutela del diritto alla salute.
Evidenzio comunque la massima disponibilità al dialogo basandosi su elementi scientificamente oggettivi e a modificare o integrare le disposizioni rese, qualora evidenze scientifiche – e non strumentalizzazioni demagogiche – supportino le modifiche stesse”.