Italiani popolo di emigranti, si diceva un tempo. Un detto che oggi potrebbe essere riconvertito in italiani popolo di cervelli in fuga e Italia terra di immigrati. E l’Abruzzo non è da meno, come pure la provincia di Teramo.
E’ la fotografia che emerge dal 21esimo Dossier Statistico Immigrazione di Caritas Migrantes, presentato questa mattina, nella sala convegni della Cna di Teramo. Si tratta di un rapporto annuale che ricostruisce il contesto sociale nazionale e locale nel quale si inseriscono i processi di integrazione degli immigrati. E, in questo quadro, vi sono le 88mila presenze, in Abruzzo, di stranieri regolari. Un numero che incide per il 6 per cento sul totale della popolazione abruzzese. Sono per lo più rumeni (22mila circa), ma anche albanesi, marocchini e macedoni e “scelgono” prevalentemente la provincia teramana (dove è forte la presenza della comunità albanese), seguita da quella aquilana, teatina e pescarese (dove prevalgono stranieri di nazionalità rumena). Ma ci sono anche i cinesi e i bengalesi, soprattutto nel Teramano, i senegalesi nel Pescarese, i filippini e i pakistani nell’Aquilano.
In Abruzzo, 4 immigrati su 5 hanno un’occupazione regolare e, nello specifico, prestano la loro opera nel settore industriale a Teramo (53 per cento), nell’agricoltura a L’Aquila (21 per cento), nel terziario a Pescara (59 per cento) e nell’industria a Chieti (45 per cento). Provincia, quest’ultima, che registra anche un dato negativo: quello del più alto numero di infortuni sul lavoro che, nel 2010, hanno coinvolto prevalentemente romeni, albanesi, svizzeri, tedeschi e marocchini.
Numeri e percentuali che, letti così, possono apparire freddi, ma che in realtà nascondono volti di persone, famiglie, comunità intere. “No alla pura e semplice accoglienza” ha detto il Vescovo di Teramo-Atri, Mons. Michele Seccia, ma guardiamo ad una integrazione a 360 gradi”. Un’integrazione nella quale devono essere ben presenti due concetti fondamentali, secondo Mons. Giovanni D’Ercole, delegato per la Carità della Regione Abruzzo: tolleranza e dialogo. “Questi due principi rappresentano una grande sfida in una società in cui è sempre più facile polemizzare che comprendere. L’immigrazione comporta un cambiamento del modo di impostare la società, superando quell’ostacolo spesso subdolo che è il razzismo. E comporta, poi, un cambiamento netto dello stile di vita. Certo, l’Italia è un Paese che è sempre pronto ad accogliere, ma poi presenta grandi limiti che impediscono all’immigrato di sentirsi realmente integrato. La sfida è una: far si che lo straniero diventi una risorsa, non un peso”.
E al dialogo ed alla tolleranza di Mons. D’Ercole, l’assessore regionale alle Politiche Sociali, Paolo Gatti, aggiunge anche la parola rispetto. “La sfida di oggi è quella di contemperare il diritto di ogni uomo a decidere dove e come costruire la propria vita. In termini di integrazione la Regione Abruzzo si sta muovendo”. Presto, infatti, saranno pubblicati due nuovi bandi che metteranno a disposizione 2milioni di euro, derivanti dal Fondo Sociale Europeo, da destinare alla costruzione di veri e propri percorsi di integrazione sociale. “Basterà?” si chiede Gatti. “Sicuramente no, ma questo è un piccolo contributo che come Regione vogliamo dare”.
Marina Serra