“Nella regione verde d’Europa, le aree protette non godono affatto di buona salute”. A denunciarlo è l’associazione Legambiente, al termine della tre giorni abruzzese della campagna La Carovana d’Abruzzo, dedicata alla promozione della natura ed alla verifica della situazione delle aree protette abruzzesi.
Durante le visite alle aree faunistiche del camoscio nel Parco nazionale della Majella, a Pacentro, e del capriolo nel parco regionale del Sirente Velino, a Fontecchio, sono state riscontrate tante conferme del buon lavoro fatto dalle aree protette nella Regione dei parchi. Le conferme sono state date anche dalla significativa partecipazione di giovani, studenti e appassionati al corso di formazione sulle tecniche di monitoraggio della fauna selvatica che si è concluso domenica a Pettorano sul Gizio, nella Riserva regionale del Monte Genzana Alto Gizio. Non mancano, tuttavia, le grandi difficoltà.
“Durante gli incontri” ha detto Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente “abbiamo constatato che anche nella Regione chiave per la conservazione della natura dell’intera penisola, le aree protette non godono di un buono stato di salute. Le difficoltà, anche di tipo strutturale, causate dalla precarietà in cui il Ministero dell’Ambiente ha lasciato da qualche anno gli Enti Parco sono molte”.
In Abruzzo tre parchi su quattro sono commissariati (il Parco Gran Sasso Monti della Laga, quello della Majella e quello del Sirente-Velino), mentre il quarto, il Parco nazione d’Abruzzo, Lazio e Molise, è privo di rappresentanti della Comunità nel Consiglio Direttivo. In alcuni, addirittura, non sono stati ancora approvati importanti strumenti da parte della Regione o del Ministero, come piani e regolamenti, mentre altri denotano la notevole mancanza di risorse e personale in pianta organica, come nel caso del Sirente-Velino; senza considerare l’inerzia nell’attuazione di azioni strategiche già approvate e condivise come il Patto per la tutela dell’orso bruno marsicano.
Scarsa convinzione infine si è dimostrata nell’attuazione della Convenzione degli Appennini, l’ultimo segnale di leadership che l’Abruzzo ha saputo dare al Paese in questo settore.
“Non tutte le carenze” ha concluso Nicoletti “possono essere state causate dal sisma. In questa perdita di passione per le aree protette ci sono anche scelte insufficienti e sottovalutazione delle esigenze delle aree stesse. Attraverso i parchi la Regione ha la possibilità di orientare verso lo sviluppo sostenibile anche la fase di ricostruzione post sisma, ma deve valorizzare appieno le esperienze che i parchi hanno maturato in questi anni nel campo della Green Economy. Possono essere portate ad esempio anche per le aree fuori dai parchi nello spirito di APE – Appennino Parco d’Europa. È stato uno sforzo importante quello compiuto dalla Regione, inserendo, nell’ambito della programmazione, risorse destinate alla tutela ed alla valorizzazione della biodiversità, ma è altrettanto importante che le risorse FAS destinate ai progetti di infrastrutture ed agli impianti scioviari, quasi tutti ubicati all’interno dei parchi, siano utilizzate nel rispetto sia delle esigenze delle aree protette, sia delle pianificazioni e delle intese esistenti. Occorre inoltre dare piena attuazione all’articolo 7 della Legge 394/91, che prevede priorità di finanziamento per iniziative e progetti per i comuni delle aree protette, e alla Convenzione degli Appennini, di cui l’Abruzzo è protagonista principale. La politica regionale, d’intesa con quella nazionale, deve farsi carico della natura abruzzese investendo risorse e professionalità in un settore strategico anche per l’economia: soprattutto quella delle aree interne e montane. Bisogna farlo ora, perché la Regione deve orientare le sue strategie di sviluppo e anche perché, nell’Anno internazionale della biodiversità, occorre contribuire in maniera significativa ed incisiva a frenare la perdita di habitat e di specie straordinari di cui l’Abruzzo è contenitore”.