Le Marche per la 17esima tappa del Giro d’Italia Enogastronomico

Per la diciassettesima tappa del giro d’Italia enogastronomico /culturale-autoctono (cioè un viaggio negli usi e costumi dei piatti e dei vini delle singole realtà regionali di un tempo andando anche contro le classiche regole di abbinamento cibo-vino), siamo andati nella “terra di confine” al nostro Abruzzo: le Marche.

Il nome è la versione al plurale del germanico “MARKA” appunto terra di confine infatti a fine medioevo questa regione era frastagliata da molte entità politiche autonome quali i famosi COMUNI successivamente sfociati in SIGNORIE tra cui spiccavano Urbino, Camerino, Fano, S.severino e la MARCA DI ANCONA (repubblica marinara e porto franco da dazi). Nel 1871, ci fu l’incontro a Castelfidardo (MC) tra Garibaldi (che avanzava da sud) e Vittorio Emanuele II (che avanzava da nord) che sfociò nell’unità d’italia e nell’unione di tutte le marke in un unico territorio denominato Marche!

L’evoluzione della viticoltura è stato appannaggio delle “solite” abbazie dal 500 al 1200 per poi subire un brusco rallentamento fino al 1953 quando l’azienda Fazi & Battaglia immise sul mercato la prima bottiglia di verdicchio (a forma di anfora) ma è dal 1990 che ci fu il vero boom evolutivo con la nascita di tante aziende vitivinicole volte alla qualità su un territorio vitato collinare per l’85% e con il 60% di vitigni a bacca bianca.

Le zone vitivinicole più interessanti sono la zona del rosso piceno (AP) e rosso conero (AN) dove però troviamo il montepulciano quasi sempre in blend col sangiovese (non di toscana) o comunque quei pochi montepulciano in purezza buoni sono venduti a caro prezzo, poi abbiamo la zona di Jesi (da Aesis città romana che ha dato il nome anche al fiume esino) e Matelica (dal celtico matten cioè prato quindi città dei prati) in cui il vitigno verdicchio la fa da padrone ed infine la zona di Serrapetrona (MC) distante ben 60 km. dal mare, con vigneti situati tra i 500 ed i 1000m. ed una pendenza che può arrivare sino al 35%!

Qui, il vitigno VERNACCIA NERA (da vernaculum cioè vino del posto) domina fin dal 1132 quando i suoi grappoli apparivano sullo stemma comunale. Purtroppo, le aziende marchigiane producono molti forse troppi vini in blend e, per un purista come me assertore del monovitigno è un limite quindi, per omaggiare la cucina dello chef Gianfranco, ho scelto i due vitigni più antichi e nobili in monovitigno ed in varie espressioni: il verdicchio (sia di jesi che di matelica) e la vernaccia di Serrapetrona (sia in rosso fermo che passito).

Iniziamo con la sala del ristorante da Gianfranco gremita di degustatori vogliosi di iniziare questo TRAVELLING WITHOUT MOVING) voluto dal nostro chef oramai divenuto una sorta di patrimonio locale!

Arriva l’antipasto di ciauscolo (eccellente), formaggio con noci e miele e le immancabili olive fritte all’ascolana a cui abbiniamo uno spumante metodo classico di verdicchio biologico dosaggio zero della zona docg di Jesi dell’azienda Pievalta che rivela tutta la potenza del verdicchio lavorato da mani sapienti (la proprietà è di Barone Pizzini cantina della Franciacorta fresca di proclamazione di miglior cantina dell’anno); nel 2002 questi bresciani intraprendenti decisero d’investire nello jesino in 43 ettari che vanno da Maiolati Spontini fino al monte Follonica località S. Paolo da cui proviene il vino che spumantizzato col metodo classico origina il perlugo dosaggio zero acquistabile in enoteca onesta a 14 euro.

E’ il momento dei vincisgrassi a cui abbiniamo sia il verdicchio di Jesi che quello di Matelica il tutto alla cieca per cercare di risolvere l’antico antagonismo tra le due zone, entrambe solcate dal fiume Esino ma con decorsi diversi; infatti, la prima parte (Matelica) ha un decorso da nord a sud quindi in linea retta e non trasversale (verso l’adriatico) dovuto a due monti paralleli (Cafaggio e s. Vicino) e questo, impedendo l’afflusso di aria mite dall’adriatico, crea forti escursioni termiche notturne. Ciò condiziona molto la viticoltura in senso negativo (minor produzione) e positivo (maggior complessità aromatica).

Lo, jesino, ex fondale marino, può contare sulle brezze marine e la “dolcezza” delle colline con vista mare. Comunque, abbiamo assaggiato due vini diversi; il verdicchio di Matelica”Marilla” 2021 di Marco Gatti si è proposto in versione 15 gradi alcolici, sinceramente una struttura alcolica che non ci ha fatto “sentire” la mineralità tanto decantata però si è ben abbinato ai vincisgrassi e comunque è stato il bianco più votato battendo nettamente il verdicchio le vaglie jesi doc di Stefano Antonucci in vendemmia 2020 che, personalmente mi ha sorpreso positivamente. Ho trovato un vino complesso, sapido, completo e con una evoluzione ancora in corso il tutto con “soli” 13,5 gradi alcolici. I prezzi di vendita in enoteca sono 11 euro per il marilla e 15 euro per le vaglie.

Arriva lo stoccafisso all’anconetana con cime di rapa ed i calici si tingono di rosso ma un rosso atipico, quasi old style. Come avviciniamo il naso al bordo del calice, emerge nettamente un sentore di pepe nero ed un accenno di verde e poi in bocca, un moderato grado alcolico(13) ci presenta tutto il “sapore” della vernaccia nera di Serrapetrona “ferma” (l’originaria è in forma spumantizzata), un vitigno che da 800 anni trova libera espressione nell’omonima zona dove il clima rigido opera una rigida selezione tra uve “abilii” e non!

Il Pepato dell’azienda vitivinicola agroforestale Fontezoppa non ha bisogno della potenza alcolica per reggere piatti forti o saporiti tipo la cacio e pepe o la capra alla neretese ma possiede eleganza a sufficienza per accompagnare senza plagiare uno stoccafisso desalinizzato alla perfezione. Inoltre, è un vino didatticamente interessante che permette di allenare ed affinare l’olfatto; è una bottiglia che non dovrebbe mai mancare in casa! Costo in enoteca onesta e cinquantasettenne, 14 euro.

Arrivano i dolcetti (chiacchiere e castagnole) a cui abbiniamo il vino passito “Cascià” sempre di Fontezoppa; il vitigno?

Vernaccia nera ma in versione atipica molto ben riuscita che si pone come vero archètipo nel panorama sempre più omologato dei vini dolci passiti! Da testare anche con un formaggio molto stagionato. Infine, passiamo alle classifiche varie giacchè trattasi pur sempre di una competizione agonistica a tappe! Tra i piatti vittoria dei vincisgrassi con 11,94 seguito dall’antipasto (ciauscolo da urlo) con 11,61 quindi i dolci con 10,06 e lo stoccafisso con 8,89. Tra i vini vittoria di misura del pepato di fontezoppa (10,92) sul marilla di marco gatti (10,88) quindi il passio cascià (10,77) poi le vaglie con 10,15 ed infine il Perlugo con 8,27.

Il punteggio medio dei vini supera quello dei piatti e, con 10,40 le marche si collocano al 15mo posto in classifica generale. Miglior piatto di sempre il baccalà alla napoletana (seguito ad un soffio dal risotto al radicchio trevigiano e taleggio), miglior vino fermo il gewurztraminer lafoa di colterenzio (alto adige) e migliore bollicina nonchè secondo vino più votato il bolle di borro.Maglia rosa saldamente sulle spalle dei coniugi Giuliano e Dania pur sapendo che il degustatore Orazio da Pescara è letteralmente incollato alla loro ruota pronto a giocarsela allo sprint! Quindi, prossima tappa con l’Emilia Romagna che proverà a scalzare dal podio le prime 3 regioni (Campania 12,31 – Umbria 12,20 e Calabria 12,15).

STEFANO GRILLI – ENOTECA SARAULLO – ANNO DOMINI 1966

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