Si sta svolgendo in questi minuti, in Piazza Duomo all’Aquila, una breve ma intensa cerimonia per l’undicesima commemorazione delle vittime del sisma 2009. Un momento inevitabilmente condizionato dalla restrizioni legate all’emergenza coronavirus, che non ha consentito lo svolgimento della fiaccolata come accaduto negli anni scorsi.
Come 11 anni fa, si ripete la circostanza per cui il 5 aprile cade nella domenica delle Palme, e il 6 di lunedì. Il Comune dell’Aquila ha inteso sostituire il rito collettivo della fiaccolata attraverso l’illuminazione del centro storico con installazioni posizionate in alcuni luoghi simbolo della tragedia del 2009 – via XX Settembre, Casa dello Studente, Piazzale Paoli, via D’Annunzio e Convitto – resi tristemente noti dalla furia distruttrice del sisma. Un fascio di luce azzurra, inoltre, simbolo di speranza, è proiettato verso il cielo e illumina piazza Duomo, luogo di svolgimento della breve celebrazione. Alle 19 il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, che nel 2009 era sindaco del piccolo Comune di Villa Sant’Angelo, martoriato dalle perdite, e l’arcivescovo metropolita, cardinale Giuseppe Petrocchi, hanno deposto un ramoscello d’ulivo benedetto sul luogo dove sorgeva la Casa dello Studente e dove persero la vita 8 studenti.
Alle 23:30 un vigile del fuoco ha acceso un braciere posizionato nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Suffragio. Presenti il prefetto della provincia dell’Aquila, Cinzia Torraco, il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, e il sindaco di Barisciano, Francesco Di Paolo, in rappresentanza dei comuni del cratere del terremoto 2009. Le tre autorità, su mandato dei Comitati dei familiari delle vittime, stanno rappresentando il sentimento della popolazione colpita dal drammatico evento del 2009. Dopo l’accensione, le autorità sono entrate in chiesa. In questo momento, il prefetto sta rendendo omaggio alle lapidi commemorative delle vittime del terremoto nella Cappella della Memoria della Chiesa di S. Maria del Suffragio, mentre il primo cittadino Biondi pronuncerà, alle 23.50, una breve allocuzione a ricordo delle vittime del terremoto nella contingenza dell’epidemia da Covid-19.
Successivamente il sindaco darà lettura del messaggio con cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto testimoniare i sentimenti di sostegno e vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma. Al termine, il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo metropolita della Città dell’Aquila, celebrerà la funzione religiosa rigorosamente a porte chiuse. In ossequio alle prescrizioni vigenti, prefetto e sindaci non parteciperanno al rito religioso. Alle 3:32, orario del tragico terremoto del 6 aprile 2009, suoneranno 309 rintocchi dal campanile della chiesa in memoria delle vittime. Nei giorni scorsi è stato lanciato l’appello (accolto da numerosi Comuni italiani, Anci, e associazioni) sottoscritto dai Comitati familiari delle vittime e dal sindaco Biondi, di accendere un lume o il proprio cellulare alla finestra, nella notte tra il 5 e il 6 aprile per commemorare le vittime del sisma e tutti coloro che in questi giorni stanno perdendo la vita in solitudine a causa del coronavirus.
IL DISCORSO DEL SINDACO
Sono trascorsi undici anni dalla notte più lunga e dolorosa della nostra vita e oggi la ricordiamo nel silenzio assordante di Piazza Duomo, un silenzio che amplifica e aggiunge al dolore per i nostri cari, vittime del terremoto del 6 aprile 2009, il dolore per i caduti a causa del coronavirus.
Il silenzio, questa notte, ha il volto di chi abbiamo perduto, ha il respiro di una umanità che lotta contro una minaccia letale, ma quasi irreale nella sua non fisicità, perché materia dei laboratori di ricerca, perché patologia da ospedali.
Allora, come oggi, piangiamo la morte avvenuta in solitudine, senza la consolazione dei propri cari.
Il ricordo della nostra tragedia di undici anni fa è rafforzato da un sentimento unico e solidale che accomuna l’intero Paese, perché qui, in questa piazza deserta – con accanto il prefetto Cinzia Torraco e il sindaco Francesco Di Paolo in rappresentanza dei comuni del cratere – si compie il riconoscimento istituzionale e collettivo del lutto dell’Italia e non solo.
Ci troviamo di fronte all’universalità di un dramma e, forse, noi aquilani, senza presunzione ma con l’umiltà di chi ci sta provando, possiamo condividere la nostra testimonianza di rinascita.
Il nostro ricordare, lungo undici anni, rappresenta per noi una scelta rassicurante, nella misura in cui il passato dà senso al presente.
Le nostre ferite, non sono solo la conseguenza di un evento drammatico. Il dolore, è stato ed è la spinta per un processo di rigenerazione che stiamo portando avanti con convinzione e determinazione.
Il ricordo del 6 aprile 2009 viene interrogato, raccontato, portato alla luce ogni anno perché senza non potremmo dare valore e visione al futuro dei nostri figli. Il Rinascimento dell’Aquila è l’esito del ricordo che diventa nutrimento per il futuro.
Abbiamo imparato che i sentimenti non vanno consumati, ma protetti; che la politica può e deve essere costruzione; che non può esserci spazio per la rassegnazione; che l’“Io attuale” non può prescindere dall’ “Io ideale” e che la memoria è fondamentale per restare umani, per non far prevalere la barbarie.
Cedere all’oscurità significa essere convinti che la luce non tornerà mai. Questa fiaccola, invece, ci racconta che la luce c’è e che illumina i nostri affetti, i valori a lungo ignorati, i tanti progetti da realizzare. Ci mostra nuove possibilità e ci sfida ad afferrarle.
La notte di undici anni fa fu illuminata dalla luce di alcuni “angeli” emersi dall’ombra: i vigili del fuoco che hanno scavato tra le macerie, i volontari che ci hanno soccorso e consolato, lo Stato che ci ha sostenuto…Ora, come allora, non siamo soli. Ora, come allora alcuni “angeli” si prendono cura di tutti noi, ora come allora ci danno la speranza in un domani possibile.
In questo momento intendo rivolgermi a tutti i sindaci d’Italia, in particolar modo a quelli dei territori maggiormente colpiti dal coronavirus e ormai da settimane in prima linea, insieme al personale ospedaliero, in questa difficile battaglia.
A loro dico che, nonostante il dolore, la profonda sofferenza e il sentimento di impotenza davanti alle migliaia di lutti che colpiscono familiari e amici devono assolutamente credere nella speranza, devono tornare a imparare a sperare insieme ai loro concittadini. Non è un imperativo per la sopravvivenza, ma per un futuro nuovo, dove la speranza diventi fattrice di storia, tensione verso uno scopo, impegno per un nuovo umanesimo
Pierluigi Biondi
IL DISCORSO DI MATTARELLA