E’ il quadro delineato nel primo trimestre del 2021 dall’export abruzzese, che secondo l’analisi condotta per la Cna Abruzzo da Aldo Ronci si piazza addirittura al vertice nazionale tra le regioni quanto a incremento: il barometro, infatti, dice che l’aumento registrato è stato di 256 milioni, corrispondente al 12,5%, contro un ben più modesto 4,6% nazionale.
I dati, elaborati su fonte Istat, dicono però anche che a dare slancio alle esportazioni regionali, tra gennaio e marzo del 2021, sono stati soprattutto i comparti produttivi tradizionalmente considerati punte di diamante del sistema produttivo regionale che guarda ai mercati esteri: mezzi di trasporto su tutti, ma anche prodotti farmaceutici ed apparecchiature, che da soli valgono il 93% del totale: 239 milioni su 256. Primato cui fa da contraltare il resto delle produzioni, molte delle quali – alimentari a parte – fanno riferimento a un sistema produttivo formato in larga misura da imprese di più ridotte dimensioni.
Meglio di qualsiasi parola, i numeri descrivo il peso che i mezzi di trasporto realizzati nell’area della Val di Sangro rappresentano per la nostra economia alla voce “trasporti”: “Nei primi tre mesi dell’anno – spiega Ronci – l’export è cresciuto in questo caso in misura 43 volte superiore alla media nazionale, con 203 milioni in più, pari al 20,3%. E le cose sono andate bene anche nella farmaceutica, in controtendenza rispetto al calo nazionale (10 milioni in più pari al 6,4% di aumento contro una media Italia che scende del 7,3%) e nel campo delle apparecchiature, con un aumento di 26 milioni, pari al 22,3%, valore triplo di quello italiano (8,4%). Tutti gli altri prodotti messi insieme registrano un incremento di 18 milioni, corrispondente a un modesto 2.2%, ovvero un terzo della crescita nazionale (5,8%).
Tra le variazioni negative più significative, infine, spiccano i comparti dell’abbigliamento e della produzione di mobili, che registrano flessioni consistenti nel primo trimestre del 2021, con il 9,1% (nel primo caso) ed addirittura il 20,9 nel secondo. “Occorre andare indietro di diversi anni, e precisamente al 2016 – conclude l’autore dell’indagine – per ritrovare così sugli scudi il nostro export: allora fu ancora più alto, arrivando a toccare quota 15% in più”.