Un grido di allarme e di aiuto da parte della famiglia di Giacomo Passeri. Si chiede un intervento del governo per riportare in Italia il giovane pescarese.
Una nuova vicenda rischia di complicare ancora di più i rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto. Dopo i casi di Regeni e Zaki, c’è un altro nostro connazionale condannato dal tribunale egiziano all’ergastolo perché trovato in possesso di una dose di marijuana. L’arresto è avvenuto lo scorso agosto e ormai a distanza di un anno la sentenza che ha colto di sorpreso tutti, soprattutto i familiari.
I giudici hanno deciso di condannare il giovane pescarese all’ergastolo e 25 anni di pena da trascorrere nella struttura detentiva egiziana. Una vera e propria doccia fredda per familiari e amici. La loro speranza era quella di poter riabbracciare Giacomo Passeri nelle prossime settimane dopo un anno (il nostro connazionale infatti è in carcere dal giorno dell’arresto ndr), ma non sarà così. La sentenza parla chiaro: ergastolo e oltre due decenni da scontare nell’istituto al Cairo.
I genitori e i fratelli di Giacomo non hanno nessuna intenzione di mollare. La loro battaglia continuerà e nelle prossime settimane sarà presentato un ricorso in appello per cercare di ribaltare la sentenza. Ma i familiari hanno deciso di chiedere aiuto al governo per intervenire e cercare di riportare il nostro connazionale in Italia.
“Siamo ancora sconvolti per quanto successo – il pensiero del fratello Andrea, citato da Rete 8 – ci hanno comunicato la notizia dell’ergastolo, con 25 anni da scontare in Egitto. Lui è detenuto in celle buie e sporche e condivise con uomini accusati di omicidio. La sua colpa è quella di essere stato trovato con una piccola quantità di marijuana quando è stato fermato il 23 agosto di un anno fa durante il viaggio in terra egiziana“.
Inizia a muoversi anche la politica sulla vicenda Passeri. I familiari hanno chiesto al governo di intervenire e anche le opposizioni sono in pressing sulla maggioranza per trovare una soluzione al caso. Daniele Licheri (segretario regionale di Sinistra Italiana) e Marco Grimaldi (Avs) hanno ribadito la necessità di una mossa da parte del premier Meloni perché “a Giacomo sono stati negati i dirtti. E’ stato detenuto senza traduttori e sottoposto ad un interrogatorio in assenza di avvocati“.
Anche Ivan Scalafarotto, responsabile Esteri della Farnesina, in una nota si è soffermato sulla vicenda del nostro connazionale chiedendo al ministro Tajani di prendere contatto con l’omologo egiziano e protestare per una decisione che non ha nessun senso.