Asl condannata, dovrà risarcire i famigliari: ci sono state carenze gravissime

Il decesso di una donna di 71 anni ha dato inizio a una lunga battaglia legale che si è conclusa solo recentemente.

La donna era stata trasferita nella residenza sanitaria assistenziale (RSA) dopo un ricovero nell’ospedale di Pescara. Il decesso è avvenuto il giorno di Natale del 2010.

decesso donna asl condanna carenze
L’Asl è stata condannata a risarcire la famiglia di una donna deceduta – Abruzzocityrumors.it

La famiglia della defunta, sostenuta dall’avvocato Andrea Colletti, ex deputato del Movimento 5 Stelle, ha intrapreso azioni legali contro la Asl di Pescara nel 2013. Dopo un primo esito sfavorevole, la corte d’appello dell’Aquila ha ribaltato il verdetto iniziale riconoscendo le responsabilità della struttura sanitaria e dei suoi operatori nella gestione e cura della paziente.

La causa della morte e le negligenze riconosciute

La causa diretta della morte è stata identificata in uno shock settico, ovvero un arresto cardiocircolatorio causato da un’infezione che aveva gravemente compromesso gli organi vitali della donna. Secondo i familiari e il loro legale, l’infezione sarebbe stata contratta durante il precedente ricovero ospedaliero. Sebbene in primo grado le affermazioni dei familiari fossero state messe in dubbio da una perizia che negava tale correlazione, l’esito dell’appello ha visto emergere nuove prove che hanno stabilito inequivocabilmente la “negligenza, imprudenza e imperizia” dei sanitari coinvolti nel trattamento della paziente.

decesso donna asl condanna carenze
La causa diretta della morte è stata identificata in uno shock settico – Abruzzocityrumors.it

La sentenza finale ha portato al riconoscimento di un risarcimento pari a circa 900mila euro a favore dei familiari della vittima. Come sottolineato dall’avvocato Colletti, più importante dell’aspetto economico è stato ottenere giustizia e far emergere la verità sulla scarsa attenzione prestata dalla struttura nei confronti della paziente. Questa vittoria rappresenta non solo un traguardo personale per i familiari, ma anche un monito affinché simili episodi di malasanità possano essere prevenuti in futuro.

L’avvocato Colletti approfitta dell’occasione per evidenziare come il caso affrontato non sia isolato, ma inserito in una problematica ben più ampia riguardante le infezioni ospedaliere nel panorama sanitario nazionale. Prima del Covid-19 si contavano già 11mila decessi all’anno imputabili a tale causa e i dati più recenti sembrano indicare una situazione ancora peggiore. Una maggiore attenzione alle procedure sanitarie non solo potrebbe salvare vite umane, ma anche ridurre significativamente i costi derivanti da eventuali cause legali conseguenti alla malasanità.

Sebbene questo caso possa ora dirigersi verso ulteriori sviluppi legali presso la Corte di Cassazione, rimane l’evidenza di quanto sia cruciale garantire standard elevati nell’assistenza sanitaria per prevenire tragedie evitabili e assicurare giustizia alle vittime degli errori medici.

Gestione cookie