Il gip del tribunale di Teramo, Lorenzo Prudenzano, ha disposto l’archiviazione dall’ipotesi di reato di inquinamento ambientale in merito ad alcuni episodi a carico dei dieci indagati tra i vertici di INFN, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti, in merito ad un filone dell’inchiesta sui presunti sversamenti di sostanze inquinanti nelle acque del Gran Sasso.
Archiviate quindi le posizioni all’epoca dei fatti: del presidente dell’Infn Fernando Ferroni, il direttore dei Laboratori Stefano Ragazzi; il responsabile del servizio ambiente dei Laboratori Raffaele Adinolfi Falcone; il presidente di Strada dei Parchi Lelio Scopa; l’amministratore delegato di Strada dei Parchi Cesare Ramadori; il direttore generale di Strada dei Parchi Igino Lai; il direttore della Ruzzo Reti, Domenico Giambuzzi; il presidente della Ruzzo Reti Antonio Forlini; il responsabile dell’Unità operativa di esercizio della Ruzzo reti Ezio Napolitani e il responsabile del servizio acquedotto della Ruzzo Reti Maurizio Faragalli. Altra parte del procedimento va invece avanti con prossima udienza a maggio.
Sono state dichiarate anche inammissibili le opposizioni all’archiviazione presentate dalle associazioni ambientaliste. “La Stazione Ornitologica Abruzzese, nei suoi esposti, oltre alla vicenda del potenziale rischio di inquinamento dell’acqua, che poi ha portato al procedimento penale in corso, aveva sollevato molte altre questioni, dalla mancanza del nulla osta del Parco per le strutture degli esperimenti condotti nei Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso e dei relativi titoli edilizi in area parco alla Valutazione di Incidenza Ambientale degli esperimenti. Nell’opposizione l’associazione aveva lamentato che diversi fatti o non erano stati proprio trattati dal pm o, se erano stati in qualche modo affrontati, ciò non era stato fatto adeguatamente – dicono dall’associazione – In realtà, e questo la dice lunga sul bisogno di fare chiarezza che era alla base della nostra opposizione, abbiamo appreso con il provvedimento di archiviazione che la Procura ha aperto un nuovo fascicolo, per la presenza, accertata dall’ARTA a febbraio 2019, di sostanze come l’n-esano nell’acqua in uscita dai Laboratori di Fisica Nucleare che alla fine si riversa nel fiume Mavone”.
”La cosa è piuttosto singolare e, a nostro avviso, la dice lunga su come è stato trattato il caso. I referti dell’ARTA sulla presenza delle sostanze erano proprio nel fascicolo oggi archiviato. Allora uno può chiedersi: come può “gemmare” da un fascicolo meritevole di archiviazione un’altra inchiesta? La domanda è ancora più legittima se si nota che queste carte importanti di cui avevamo avuto accesso come parte furono da noi “valorizzate” in un comunicato stampa del 28 ottobre 2019 che divenne oggetto di un duro scambio con i Laboratori di Fisica. Il fascicolo, a leggere l’archiviazione, visto che il GIP riporta la data del 2020 (il fascicolo è, infatti, il n.6270/2020), sarebbe stato provvidenzialmente aperto dopo che le carte erano emerse pubblicamente. Il Giudice tra l’altro definisce “monumentale” l’inchiesta sull’acqua che ha portato al procedimento penale in corso. Almeno noi, però, mica avevamo criticato quella parte d’inchiesta (a parte, e non nell’opposizione, il sequestro del bene oggetto del rischio, la captazione di 100 l/s invece della fonte del rischio, gli apparati sperimentali con le sostanze pericolose irregolarmente stoccate; il che più o meno equivale, a nostro avviso, a sequestrare il fiume e non il depuratore che non funziona). Anzi, abbiamo contribuito a quella parte d’inchiesta, non poco come è noto. Erano altri i fatti di cui chiedevamo l’approfondimento. Erano necessari, ad esempio, l’autorizzazione dell’ente parco e quei titoli edilizi che sono chiesti a tutti i comuni mortali pure per fare un impianto di riscaldamento nell’area protetta? Il giudice intanto dichiara inammissibili le opposizioni non nel merito dei fatti ma in quanto le associazioni, in ambito penale, hanno meno diritti di schierarsi in questa particolare fase processuale”.
E ancora: “Poi precisa che non può essere lui a modificare il capo d’imputazione rispetto a quello formulato dal pm all’origine, cioè il pericolo di inquinamento delle acque, introducendone altri. Ne deriva che, non essendo queste “violazioni” in qualche modo connesse alla questione acqua, non possono essere oggetto di un eventuale rigetto della richiesta di archiviazione formulata dal pm. Certo a noi rimane il dubbio se il nulla osta di un’area protetta possa essere considerato estraneo alla materia ambientale come sostenuto dal giudice. In ogni caso, viene a questo punto da chiedersi: queste “violazioni” saranno oggetto di specifici fascicoli aperti per approfondire la sussistenza dei relativi reati, come d’altro lato avevamo pensato quando avevamo inviato gli esposti?“.