“La mancanza di governance sulla sanità si ripercuote anche sui vaccini: ad oggi la campagna procede dimostrando tutte le criticità dell’assenza di programmazione, prima fra tutte il ritardo nella vaccinazione dei fragili che ci vede agli ultimi posti rispetto alle altre regioni, nonché dello smaltimento delle somministrazioni per gli ultra ottantenni.
Dove brilliamo, lo dice anche la fondazione Gimbe con dati di qualche giorno fa, è la vaccinazione di categorie altre a quelle prioritarie: in Abruzzo, su un totale di 389.456 dosi somministrate, sono 7.171, pari al 1,84% del totale, dai dati forniti dal Report Vaccini Anti COVID-19 della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Non solo, si procede a marce differenziate da capoluogo a capoluogo, fra disagi crescenti per la piattaforma di chiamata e la mancanza di omogeneità su iniziative che andrebbero spalmate su tutto il territorio regionale, come fanno altre Regioni con i vaccino-day di Astrazeneca”, dubbi, domande e richiesta di azione contiene l’interpellanza presentata dal capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci sulla campagna vaccinale, per inquadrare la situazione e chiedere alla Regione di recuperare gap e metodo.
Dall’ultimo report settimanale sulle vaccinazioni, in Abruzzo attendono ancora la prima dose: 37.512 ultraottantenni, su una platea di 117.724 soggetti; 88.458 persone con età compresa tra i 70 ed i 79 su 134.480 soggetti. “Considerato che la campagna per i primi è iniziata a febbraio e che ad oggi risultano vaccinate categorie successive a quelle definite dal Governo in base alla mortalità, qualcosa non torna – accusa l’ex assessore alla Sanità – La Regione innanzitutto faccia chiarezza su questa controversa fascia non ben definita di popolazione, perché genera molti dubbi per la sua numerosità, che ci vede fra le prime regioni in Italia a vantare un primato che nobile non ci sembra: e perché vaccinare “atri”, lasciando indietro i deboli, come accade per migliaia di persone ancora in attesa, è cosa diversa da assicurare il diritto alla salute a cui la Regione è tenuta, specie quando questo diritto è condizionato da patologie e condizioni che possono essere un fattore di rischio in più in caso di contagio.
Serve anche omogeneità di metodo, dunque si stili un protocollo unico per tutte le Asl, perché non ci siano tempi diversi e nemmeno iniziative diverse, che possano risultare discriminanti per tutto il resto della popolazione, come accade con gli open-day vaccinali e per la gestione delle liste di riserva per i cosiddetti “panchinari del vaccino”, nel rispetto della gerarchia delle categorie individuate dal programma regionale, come avviene nel Lazio, Lombardia, Emilia Romagna e anche Toscana, dove in caso di surplus di vaccini si approda alle categorie spettanti e non si va a random com’è capitato in Abruzzo con le oltre 7.000 dosi che rientrano fra le categorie “altre” della campagna, evitando sprechi, favoritismi e mancanza di trasparenza.
Spieghi l’esecutivo i motivi legati ai ritardi registrati in Abruzzo nel completamento del primo ciclo di vaccinazione (una dose), per gli ultraottantenni, le persone fragili ed i soggetti con età 70-79 anni; illustri cosa si sta facendo per recuperare questo gap; adotti una modalità unica e valida per tutte le Asl nella gestione delle liste, rispondendo, così, al diritto degli abruzzesi sia di avere il vaccino. È, infine, indispensabile anche sapere quanti sono i soggetti con età inferiore a sessant’anni che hanno ricevuto una dose di vaccino e che non possono considerarsi come: fragili e caregiver, operatori sanitari e sociosanitari, personale non sanitario impiegato in strutture sanitarie e in attività lavorativa a rischio, ospiti strutture residenziali, personale scolastico, comparto difesa e sicurezza. Lo è perché non passi un’idea, desunta dai dati, che l’Abruzzo brilli per la sua capacità di vaccinare i salta fila prima dei malati oncologici e di altri soggetti vulnerabili, come, purtroppo, sta invece accadendo”.